Corriere della Sera

«La musica del silenzio», set ispirato all’autobiogra­fia

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«Quando ho detto al mio domestico filippino che avrei girato un film su Andrea Bocelli, ha fatto un salto di gioia. Tutti conoscono la sua voce, gode di un’ammirazion­e enorme, è incredibil­e la popolarità che ha nel mondo», dice Michael Radford. È il regista de Il postino, che fu l’ultimo sguardo di Massimo Troisi; è l’autore che non ti aspetti di trovare in questo progetto, prodotto da Picomedia e Ambi Group in collaboraz­ione con Rai Fiction (uscirà nella sale come evento speciale e poi in tv).

Infatti: «Inizialmen­te l’avevo rifiutato, non volevo fare un biopic su qualcuno in vita. Ho cambiato idea perché era una sfida. Sto scrivendo un film su Vivien Leigh (l’attrice di Via col vento, ndr), che poi dirigerò, e lei era incredibil­e, una donna bipolare... Quando inventi nessuno può dirti nulla». Con Bocelli com’è andata? «Ha letto la sceneggiat­ura e mi ha detto che non era lui, che è nato in casa e invece nel film nasce in ospedale. Ok, a me non interessa, gli ho risposto. È stato gentile: avrebbe potuto dirmi che non l’accettava. Invece ha avuto fiducia in me. Se mi offri di entrare nella tua vita, farò del mio meglio. Riccardo III forse era diverso da come lo ha ritratto Shakespear­e. Ma ciò che conta è come lo restituì quella penna».

Radford è partito dal libro autobiogra­fico di Bocelli, e ha mantenuto il titolo, pieno di rimandi e suggestion­i: La musica del silenzio. Il protagonis­ta, Amos, alter ego di Bocelli, racconta il suo «io», il suo mondo interiore. Ha tenuto anche l’impianto, centrato sugli anni giovanili e di apprendist­ato artistico. «Il libro — dice Radford — è una sorta di diario intimo, molto aneddotico, certe cose sono rimaste». La passione per i cavalli, il dramma di quando perse la voce quando non era più bianca, le prime esibizioni nelle piazze e nei pianobar, l’incontro folgorante con Zucchero. «Ma non potevo fare un libro

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