Corriere della Sera

Mister Kitz

Paris: «Da non crederci ma rivincere qui vuol dire essere più forte degli altri Ho spinto fino al limite» Domme super colpisce ancora sulla mitica Streif

- DAL NOSTRO INVIATO Flavio Vanetti

All in. «L’ho pensato e me lo sono detto dopo la curva dell’Hausbergka­nte: nel tratto finale si può ancora fare la differenza, lì si deve rischiare. E io, come a poker, avevo le carte giuste». Ormai ammesso nel pantheon degli dei dello sci, vincitore come nel 2013 della discesa dell’Hahnenkamm e al terzo successo sulla leggendari­a Streif (nel 2015 si impose in superG), Dominik Paris scopre il fascino profondo delle repliche: «Sono più emozionato della prima volta. Rivincere è un sogno: vuol dire che sei di nuovo più forte degli altri. Sinceramen­te, non me lo aspettavo». Domme primo — settimo suo successo nella Coppa del Mondo, ventesimo podio stagionale dell’Italia —, l’azzurro nostro è più splendente di quello del cielo di una giornata da fotografia. Ci si può allora anche dimenticar­e dell’occasione mancata da Christof Innerhofer, che prima della stradina ha sbagliato ed è finito a sciare sul cartellone dell’Audi («Avrei preferito farlo... sulla neve»), e soprattutt­o dal beffardo epilogo della gran gara di Peter Fill, il vincitore del 2016 che sarebbe stato secondo se due francesi, il giovane talento Valentin Giraud Moine e la vecchia volpe Johan Clarey, non avessero trasformat­o in medaglia di legno un argento quasi acciuffato.

Sì, va tutto «a latere». Adesso tutto è Paris, musica metal rock — la sua amata — e sciate a manetta, raspando su in alto per cercare la linea giusta («All’inizio non mi sono piaciuto, sono scivolato due volte») e scoprendo che la porta del paradiso può aprirsi all’improvviso: «Al balzo del Seidlalm ho sentito di essere velocissim­o: ho saltato quasi fino alla baita, atterro o non atterro? Poi ho spinto, ho spinto ancora di più: non mi ha fermato nemmeno una spigolata, credevo di aver compromess­o tutto». Invece non ha rovinato nulla, anche perché a volte la sorte aiuta: Hannes Reichelt ha derapato mentre filava come un treno, lo svizzero Beat Feuz avrebbe stravinto se non fosse finito nelle reti (e che paura per lui!), l’altro austriaco di punta, Matthias Mayer, è stato gufato dall’«I’m back» pronunciat­o in tribuna, davanti ai 45 mila assiepati ovunque, da Terminator-Schwarzene­gger: «Oggi ho avuto fortuna e ho sofferto nell’attesa» ammette Domme. Festa dunque sia, con la fidanzata Kristina, con papà Albert e con la mamma «che forse adesso arriverà» (risata baritonale).

Festa onorata dalle belle parole di Innerhofer, da quest’anno compagno di stanza di Paris («Ma non gli ho dato consigli!», scherza Dominik): «Sono contento per lui. Domme è un grande atleta, è una bella persona ed è onesto in ciò che dice; non è scontato trovare uno disponibil­e perfino ad aiutarti. Andiamo a casa con il suo oro e con il mio argento in superG: la nostra è stata una stanza veloce, all’insegna della filosofia «no risk, no fun’».

C’era stato un presagio del trionfo. Georg Pircher, manager di Paris ed esperto di grafica, aveva vinto il concorso per il poster ufficiale: battute 300 proposte da tutto il mondo. «Ho stilizzato — spiega — la sua sciata a braccia larghe. Ho usato un «retro look» ed è stato giudicato un segno di rispetto alla storia della pista: è piaciuto». A gara finita sono giunte due telefonate da potenziali sponsor, il partner storico (Finstral) sarà probabilme­nte affiancato. «Non svelo i nomi, uno è importante. Domme è diverso da Innerhofer: Christof si sente pure un modello per la moda, lui no. Per dire, non farà mai foto a petto nudo». Paris declina solo lo sport e i suoi valori. Ed è un campione ormai maturo: «Oggi non ho oltrepassa­to il limite assoluto: se l’avessi fatto, avrei rischiato. Ma il limite personale, sì, quello l’ho raggiunto».

Nel tratto finale sapevo che si può ancora fare la differenza Ho saltato lontanissi­mo Mi dicevo: atterro o non atterro?

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