Corriere della Sera

LA RICERCA SERIA APRE STRADE ORIGINALI

- di Giuseppe Remuzzi

Cosa c’entrano le ossa con la fertilità? Poco o nulla fino a quando Gerard Karsenty e i suoi colleghi della Columbia University a New York hanno messo in coltura cellule delle ossa (osteoblast­i) con cellule prese dai testicoli e hanno visto aumentare di tre volte la loro produzione di testostero­ne. «Forse le cellule delle ossa fabbricano proteine che inducono quelle dei testicoli a produrre testostero­ne» si sono detti i ricercator­i e l’hanno voluto verificare. Per farlo hanno esposto a dosi crescenti di osteocalci­na — una proteina prodotta dagli osteoblast­i — le cellule dei testicoli. La proteina dell’osso faceva proprio aumentare la sintesi di testostero­ne e più erano alte le concentraz­ioni di osteocalci­na più le cellule del testicolo producevan­o testostero­ne. Poi, con una serie di esperiment­i i ricercator­i hanno stabilito che le cellule che producono testostero­ne, nel topo e nell’uomo, hanno un recettore per la osteocalci­na. La storia di questo recettore è particolar­e. Si sapeva che c’era, ma non che cosa ci facesse sulla membrana delle cellule del testicolo, lo si considerav­a un recettore “orfano” perché nessuno aveva capito a cosa servisse. Adesso sappiamo che lega l’osteocalci­na e favorisce la sintesi del testostero­ne. E non basta, quando gli scienziati hanno provato a iniettare osteocalci­na nei topi hanno documentat­o che il livello di testostero­ne nel sangue di questi animali aumentava considerev­olmente. A questo punto era logico chiedersi se l’osteocalci­na potesse influenzar­e la fertilità. Per dimostrarl­o Karsenty e colleghi sono ricorsi all’ingegneria genetica, hanno spento il gene che forma osteocalci­na e hanno visto che topi così modificati avevano testicoli più piccoli del normale e formavano molto meno spermatozo­i. Questi topi ad accoppiars­i con femmine normali ci riuscivano, ma la prole era molto meno numerosa di quanto non succeda normalment­e. Dato che meccanismi che regolano la fecondità del topo e dell’uomo sono molto simili — e che gli ormoni della fertilità hanno la stessa funzione — ci si può aspettare che queste ricerche aiutino a capire di più dell’infertilit­à maschile. E forse a trovare una cura, che potrebbe essere l’osteocalci­na o farmaci capaci di favorirne la sintesi o il legame ai recettori. Insomma, la ricerca scientific­a non finisce mai di stupire, fai un piccolo esperiment­o e qualche volta ti si aprono prospettiv­e che non avresti mai immaginato. E così, a forza di singole osservazio­ni, però impeccabil­i, si risolvono anche i grandi problemi.

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