Procedura giusta
ne di un Piano di assistenza individuale diagnostico e terapeutico, un monitoraggio costante della salute. «Per entrare in una Rsa — ha riferito Alador Ianes, direttore area medico-sanitaria di un grande gruppo del settore — il paziente dà il consenso per gli atti sanitari quotidiani previsti per una condizione di relativa stabilità clinica. Ma spesso vengono messe in evidenza possibili complicanze e viene chiesto il consenso su ciò che potrebbe essere necessario per gestirle». Per esempio per l’uso del sondino nasogastrico o delle “spondine” del letto.
Una procedura corretta? «Il consenso deve essere specifico e attuale: non ha senso acquisire al momento del ricovero consensi generici o per prestazioni eventuali» ribatte Pio Vivone, dell’Avvocatura della Regione Lombardia, consigliere giuridico della Direzione
salute. «Al momento del Piano individuale deve essere illustrato al paziente e ai familiari il percorso assistenziale, ma il consenso sarà richiesto e acquisito solo quando occorrerà eseguire una prestazione per la quale è obbligatorio».
Su chi possa dare il consenso quando l’assistito è in condizione di ridotta o assente capacità «l’orientamento del Giudice Tutelare di Milano è quello di tenere in considerazione situazioni di serenità familiare» ha spiegato Ilaria Mazzei, del Tribunale di Milano. «Per esempio, se c’è un figlio che si occupa dell’anziano, La dichiarazione va richiesta volta per volta per le prestazioni in cui è obbligatoria
la nomina dell’amministratore di sostegno (probabilmente il figlio stesso) per il consenso alle cure sarebbe solo una formalità burocratica. Altre le circostanze da sottoporre al Giudice tutelare: più figli in contrasto tra loro o col medico in merito alle cure per il genitore; il paziente stesso contrario; l’amministratore di sostegno che non salvaguarda l’integrità del malato». Norme e orientamenti, però, non sempre aiutano nelle situazioni concrete. Qualche esempio: contratti di ingresso che sollecitano la nomina dell’amministratore di sostegno anche per persone “capaci”; famiglie che si rifiutano di avviare l’iter di tutela per la persona incapace; figli collaborativi ma lontani dalla Rsa del genitore. Magari proprio nel momento in cui va sottoposto a un esame.