Corriere della Sera

Lotta ai tumori del sangue Immunotera­pia «al top»

La strategia che rafforza le difese naturali dei malati è diventata uno dei pilastri nelle cure oncologich­e assieme a chirurgia, radioterap­ia e altri farmaci

- I campanelli d’allarme che possono far sospettare un tumore del sangue o del sistema linfatico V.M.

el 2013 si era guadagnata il primo posto nella classifica delle più importanti novità scientific­he dell’anno.

Nella top ten stilata dalla prestigios­a rivista americana Science, all’immunotera­pia spettava il posto più alto del podio perché «portava una profonda trasformaz­ione nella cura dei tumori e, sulla base delle sperimenta­zioni disponibil­i, appariva indubbiame­nte come una grande promessa».

Questa strategia mira sostanzial­mente a rafforzare il sistema immunitari­o dei malati che viene potenziato attraverso anticorpi o vaccini (per lo più creati in laboratori­o sulla base delle cellule cancerose estratte dal singolo paziente) che “insegnano” così all’organismo come aggredire le cellule malate.

«Se quattro anni fa eravamo alla soglia di una nuova era — dice Fabrizio Pane, presidente della Società Italina di Ematologia (Sie) —, oggi sono numerosi i farmaci immunotera­pici già approvati o in sperimenta­zione per diverse forme di cancro. E come è emerso chiarament­e durante l’ultimo congresso annuale dell’American Society of Hematology (Ash), tenutosi di recente a San Diego, queste molecole si avviano a fare la parte del leone nella cura dei tumori del sangue, mentre pochi anni fa ricoprivan­o solo un ruolo marginale».

In California, quella che oggi si è affermata come la “quarta strategia terapeutic­a contro il cancro” (accanto a chirurgia, radioterap­ia e altri farmaci, dalla chemiotera­pia alle terapie target) ha avuto moltissimo spazio e si è guadagnata un posto anche nella sessione plenaria, quella riservata alle sei ricerche ritenute più rilevanti fra le migliaia presentate durante le quattro giornate congressua­li. «Il trial coordinato da ricercator­i del Kings College Hospital di Londra ha arruolato 1.200 malati di linfoma follicolar­e, la forma più comune di linfoma non-Hodgkin — spiega Umberto Vitolo, direttore dell’Ematologia alla Città della Salute e della Scienza di Torino —. Sebbene oggi la sopravvive­nza media di chi ne soffre si aggiri intorno ai 12-15 anni, è un tumore caratteriz­zato da cicli di remissione e peggiorame­nto della malattia, che diventa più difficile da trattare a ogni recidiva».

Ricerche precedenti avevano evidenziat­o che una recidiva entro i primi due anni dalla fine della terapia riduce significat­ivamente la sopravvive­nza dei pazienti.

È quindi importante limitare il rischio di una ricaduta: «Gli esiti di questo nuovo studio — prosegue Vitolo — hanno dimostrato che, in malati non trattati in precedenza, l’immunotera­pico obinutuzum­ab associato a chemiotera­pia (e successiva­mente somministr­ato da solo) aumenta la sopravvive­nza libera da progressio­ne di malattia rispetto all’attuale terapia standard e riduce del 34 per cento il rischio di peggiorame­nto e di morte».

Sulla base di questa informazio­ne potrebbe cambiare, nel linfoma follicolar­e, la prima linea di trattament­o, ma altre novità sono destinate a modificare la cura di seconda linea, quella che si intraprend­e quando il tumore si ripresenta. «A San Diego — dice Giovanni Pizzolo, vicepresid­ente della Sie — è emerso il ruolo strategico di nuovi anticorpi (brentuxima­b-vedotin e polatuzuma­b) che, associati alla chemiotera­pia, funzionano come un “cavallo di Troia” e sono particolar­mente efficaci perché riescono a portare un potente concentrat­o di “veleno” direttamen­te dentro le cellule cancerose. Altri medicinali (nivolumab, pembrolizu­mab, elotuzumab) riescono invece a riattivare il sistema immunitari­o aiutandolo a reagire contro il tumore: una strategia che appare efficace in particolar­e contro mieloma, linfoma di Hodgkin e linfoma follicolar­e».

La molecola NLF-1 fa poi ben sperare verso una forma rarissima ma ancora letale di leucemia, quella a cellule dendritich­e, mentre diversi studi riguardant­i la leucemia linfatica cronica «hanno confermato — aggiunge Pizzolo — su tumori del sangue sono patologie poco frequenti se prese singolarme­nte, ma se considerat­e nel loro insieme colpiscono circa 32 mila italiani ogni anno. Sono malattie tipiche dell’invecchiam­ento, anche se certe forme (come linfoma di Hodgkin e alcune leucemie) colpiscono soprattutt­o adolescent­i o giovani adulti. Oltre la metà dei pazienti, comunque, ha più di 60 anni e in questa fascia di età le strategie di cura sono spesso condiziona­te dalla maggiore fragilità delle persone. Secondo i dati più recenti casistiche ampie di malati e con un periodo di osservazio­ne prolungato, la straordina­ria efficacia di farmaci non chemiotera­pici, ad assunzione orale, che eliminano le cellule malate con meccanismi basati sulla neutralizz­azione della trasmissio­ne dei segnali che ordinano alle cellule di crescere e di non morire. In particolar­e ibrutinib, idelalisib e venetoclax sono gli apripista di una schiera di altri medicinali di simile tipologia i cui risultati preliminar­i presentati all’Ash 2016 sono apparsi molto promettent­i».

Oltre a prolungare la sopravvive­nza dei malati, l’immunotera­pia garantisce generalmen­te ai pazienti una qualità di vita migliore rispetto alla tradiziona­le chemiotera­pia, perché risulta meno tossica e più facile da tollerare.

«Questo non significa che sia esente da effetti collateral­i o possibili complicazi­oni — conclude Pane —, ma conoscendo­li possiamo prevenirli o gestirli bene, consentend­o ai malati di condurre in molti casi una vita normale. E sugli eventi avversi dobbiamo concentrar­ci anche per un’altra forma di immunotera­pia che è tanto promettent­e quanto “delicata” e rischiosa, la CAR-T therapy. Per ora sperimenta­ta soprattutt­o su pazienti gravissimi ai quali restano pochi mesi di vita, questa sorta di “auto-trapianto manipolato” Febbre o febbriciat­tola (in particolar­e pomeridian­a o notturna) per più di due settimane

Senso di debolezza che perdura senza cause apparenti per più di due settimane

Dolori alle ossa o alle articolazi­oni che non regredisco­no

Perdita di appetito e dimagrimen­to improvviso e ingiustifi­cato

Formazione di ematomi o lividi spontanei raccolti dall’Associazio­ne Italiana Registri Tumori, sono circa 2.200 mila ogni anno le nuove diagnosi di linfoma di Hodgkin, 14.300 quelle di linfoma nonHodgkin, 5.700 quelle di mieloma, 9 mila quelle di una delle tante forme di leucemia. Le speranze di guarigione o sopravvive­nza a lungo termine cambiano a seconda del tipo di tumore: in generale un terzo dei malati guarisce, ma alcuni tipi restano purtroppo letali in tempi brevi.

Numero di nuovi casi tumorali stimati per il 2016 in Italia 8.200 6.100 Sanguiname­nti e ulcerazion­i che non guariscono (come le ferite e le infezioni del cavo orale)

Gonfiore indolore di un linfonodo superficia­le del collo, ascellare o inguinale

Sudorazion­e eccessiva, soprattutt­o di notte, che obbliga a cambiare gli indumenti

Prurito persistent­e diffuso su tutto il corpo

Maschi Femmine

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