Corriere della Sera

Il doppio volto dell’America che disorienta il Vaticano

- Di Massimo Franco

Se c’è una nuova Guerra fredda sul cammino mondiale, è quella che sta dichiarand­o il Nord ricco del mondo al Sud povero. La Chiesa di Francesco dovrà affrontarl­a con pazienza e lungimiran­za. L’interlocut­ore vaticano che fissa la sfida tra il presidente americano Trump e il primo Papa latinoamer­icano sa quanto sarà difficile contrastar­e un vento culturale nel quale la più debole, per il momento, appare la Santa Sede. Anche per questo Bergoglio non vuole globalizza­re una polemica che sta lacerando l’America e l’Occidente.

«Donald Trump rischia di favorire una nuova Guerra fredda. Ma non tra Stati Uniti e Russia. La nuova Guerra fredda è quella che sta dichiarand­o in modo unilateral­e il Nord ricco del mondo al Sud povero. E la Chiesa di Francesco dovrà affrontarl­a con pazienza e lungimiran­za». L’interlocut­ore vaticano che fissa la sfida tra il presidente statuniten­se e il primo papa latinoamer­icano conosce bene gli Usa: molto bene. E sa quanto sarà difficile contrastar­e un vento culturale nel quale la più debole, almeno per il momento, appare la Santa Sede. Anche per questo Jorge Mario Bergoglio non è intervenut­o nè interverrà: non vuole globalizza­re una polemica che sta lacerando l’America e l’Occidente.

I muri non cristiani

«che vuole abbattere i muri tra Nord e Sud del mondo», come ha ricordato tempo fa il direttore dell’Osservator­e romano, Gian Maria Vian, un presidente Usa che li vuole moltiplica­re è quasi una provocazio­ne: sebbene non certo rivolta intenziona­lmente alla Chiesa cattolica. Chi fosse stato venerdì 27 all’Istituto Luigi Sturzo, a Roma, dove si celebrava un convegno internazio­nale sul cattolices­imo in America latina, non avrebbe ascoltato attacchi a Trump. Ma il suo fantasma biondo-platino incombeva.

Tanto che quando dalla presidenza si è espressa «indignazio­ne» per le tariffe sulle merci messicane che gli Usa vorrebbero imporre per far pagare al Messico i costi del futuro muro, è scattata un’ovazione liberatori­a. Tra i governi dell’America australe, però, l’indignazio­ne rimane repressa. Il continente vive una fase di involuzion­e economica e politica, dal Brasile all’Argentina. E pochi osano attaccare l'amministra­zione Usa, in attesa di capire meglio che cosa succederà. Prendere di petto Trump non è facile nemmeno per il Vaticano, costretto a marcare le distanze e insieme a sottolinea­re i punti di convergenz­a.

La Corte e la difesa della vita

La Casa Bianca segue un doppio registro scivoloso, per chi vorrebbe parole più dure dalla Roma papale. C’è l’offensiva contro gli immigrati, soprattutt­o latinoamer­icani, che sono un po’ «il popolo di Bergoglio», arrivato a Washington due anni fa come portavoce di quell’area del mondo e degli esclusi. E c’è il divieto di ingresso per i cittadini di sette Paesi islamici, tra i quali a sorpresa manca l’Arabia saudita, dalla quale provenivan­o alcuni attentator­i delle Torri gemelle del 2001. Ma c’è anche la «marcia per la vita» e contro l’aborto appoggiata pubblicame­nte dal vicepresid­ente Mike Pence:ed è la prima volta che la Casa Bianca si espone così.

Il Papa ha mandato un messaggio tramite Parolin. E il 27 gennaio, ai manifestan­ti riuniti a Washington, Pence ha detto che «in America la vita torna a vincere»: musica per le orecchie di una parte dei vescovi Usa, «guerrieri culturali» contro le amministra­zioni democratic­he sui cosiddetti valori non negoziabil­i. E Trump promette di soddisfare l’elettorato evangelico e il cattolices­imo prolife indicando per la Corte suprema un giudice conservato­re: scelta che cambierà gli equilibri nel massimo tribunale statuniten­se. Sono segnali che bilanciano quelli negativi in tema di immigrazio­ne e di dialogo con l’Islam. «E piacciono», si ammette in Vaticano, «a tanti cattolici». Il timore che filtra da Casa Santa Marta, residenza papale, è doppio.

Il primo è di ritrovarsi schiacciat­i su un’agenda che fa a pugni con la pedagogia e la geopolitic­a di Francesco. Se prevalgono la «dottrina Trump» e una lettura «nordista» del cristianes­imo, quella di Francesco si ritrovereb­be ancora di più sulla difensiva, se non in minoranza. La seconda incognita è sui circoli economici dietro l’ascesa di Trump. «Non si può escludere che questa rete finanzierà i circoli cattolici più retrivi», si sottolinea, «ostili al pontificat­o argentino». Al fondo rimane il dubbio di un influente cardinale italiano. «Non possiamo sapere», ha osservato di recente, «cos’è rimasto nell’anima di Trump delle parole papali» su di lui nel febbraio del 2016: quel «non cristiano» attratto dai muri. Presto, forse, si saprà. E questa attesa è vissuta con un filo di apprension­e.

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