Palermo batte tutti: nel 2018 sarà capitale della cultura
PALERMO Hanno illuminato da ieri sera le colonne del Teatro Massimo con i colori della bandiera nazionale per annunciare la vittoria di un trofeo ambito, il riconoscimento di Palermo come capitale italiana della cultura 2018. Primo visibile segnale di festa dopo la proclamazione avvenuta a Roma, dove il ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini, ha comunicato il verdetto della giuria presieduta da Stefano Baia Curioni con la scelta di Palermo che ha superato altre nove località. Forse perché, come spiega euforico il sindaco Leoluca Orlando, è stata recuperata «una capacità di narrazione delle bellezze dei nostri territori».
Ma per l’inamovibile condottiero che, fra alti e bassi, la guida da trent’anni si tratta di una bellezza proiettata ben oltre le meraviglie dei monumenti, innestata con quello spirito dell’accoglienza sintetizzato nella cosiddetta «Carta di Palermo», dal sindaco sbandierata a Berlino o a New York, davanti ad Angela Merkel o parlando alle Nazioni Unite.
Battuta la concorrenza di Alghero, Aquileia, Comacchio, Ercolano, Montebelluna, Recanati, Settimo Torinese, Trento e dell’Unione dei vicini comuni elimo-ericini (da Buseto Palizzolo a Custonaci, Erice, Paceco, San Vito Lo Capo e Valderice), ci sarà sicuramente chi si rammarica perché la vittoria offre un assist al sindaco di tante contestate battaglie per incrementare le isole pedonali con l’obiettivo di valorizzare il percorso Unesco arabo-normanno, da Palermo a Monreale e Cefalù.
Una direzione irreversibile, replica incassando il plauso del presidente dell’Assemblea regionale, Giovanni Ardizzone, primo inquilino di Palazzo dei Normanni che con la Cappella Palatina rappresenta il richiamo fondamentale per i turisti, deciso a rilanciare: «Palermo potrà diventare una capitale della cultura... europea».
Un obiettivo perseguibile con un portale sul patrimonio artistico e ambientale, con un sistema di prenotazione unico, mettendo a rete dimore, teatri, musei affollati come mai era accaduto, anche per l’insicurezza calata su tante mete turistiche, dalla Turchia al Nord Africa. Ma pure in questo caso Orlando insiste sul tema della narrazione: «Passato il tempo in cui si parlava della bruttezza della mafia e della bellezza dell’antimafia, occorre andare oltre. Ricominciando dall’autostima di noi stessi, dai nostri gioielli. Premessa per liberarci dalla sudditanza e per promuovere lo spirito di impresa».
Appunto, l’impresa della cultura. Per trasformarla in occasione di nuovo sano onesto business. Come ripeteva domenica Oscar Farinetti, proprio al Teatro Massimo, insistendo sul valore del «marchio Sicilia» perché «vale quasi più del marchio Italia».