E Grillo chiede: dov’è il reato?
Credere o far finta di credere alla difesa di Virginia Raggi e rimandare il D-day. La reazione dei 5 Stelle non usa mezzi termini: «Se è vero, la strozzo con le mie mani». Nei telefoni si scatena l’inferno, con la fazione più ostile alla sindaca che reclama un intervento del garante per defenestrarla: «Ha tradito, dovete cacciarla».
La prima reazione ai piani alti dei 5 Stelle non è pacata: «Se è vero, la strozzo con le mie mani», urla uno dei partecipanti ai vertici di emergenza. Il cardiografo registra oscillazioni pericolose per tutto il pomeriggio, ma verso sera i battiti diminuiscono di frequenza e il principio della ragion di Stato, anzi di Comune, comincia a farsi largo: temporeggiamo, ragionano Beppe Grillo e Davide Casaleggio, attorniati da un nugolo di legali. Credere o far finta di credere alla difesa di Virginia Raggi e rimandare il D-day. Nel frattempo, nei telefoni, si scatena l’inferno, con la fazione più ostile alla sindaca che reclama un intervento del garante per defenestrarla: «Ha tradito, dovete cacciarla».
La giornata più lunga della Raggi è anche la giornata più lunga per il Movimento. Mentre nella chat di sindaci e parlamentari regna a lungo un silenzio irreale («abbiamo paura che gli screenshot finiscano sui giornali», dice una partecipante), quella romana è bollente. Da Roma a Genova, fino a Milano, la prima reazione è furibonda, quasi di choc. Poi il tempo lascia spazio a un ragionamento più complesso. «Aspettiamo di capire», dice Grillo. «Lei sapeva?». La domanda A casa La sindaca di Roma Virginia Raggi, 38 anni, ieri mattina mentre esce dalla sua abitazione per andare all’interrogatorio (Imagoeconomica) risuona negli interfono e nelle chat. La risposta non c’è. La Raggi è dai pm. E i soldi? Trentamila euro. Una cifra che ossessiona tutti. «Perché?». Tante domande, troppe, senza risposta.
Gli avvocati consultano le carte, provano a fornire vie d’uscita. Si studiano le polizze, si discute di beneficiari vincolati, di norme antiriciclaggio. Alla fine, il verdetto è innocentista. Si tratta, spiegano i legali, dopo aver sentito Romeo, di «polizze ad accumulo», dove il beneficiario può ottenere i fondi solo in caso di morte. Magari i soldi si possono riscattare prima, ma lo farebbe l’intestatario. E quindi, ragiona Grillo, «dove sarebbe la corruzione? Che beneficio avrebbe avuto la Raggi?». Non c’è dolo, annuiscono i legali. Certo, è strano, si ripetono tutti. Come gli è venuto in mente a Romeo di firmare quella polizza a suo nome? «Sì, ma i beneficiari sono stati scelti per legami affettivi — dicono dall’ufficio stampa — l’ex fidanzata, l’amico istruttore di vela. E Virginia, con cui c’era stima».
Gli altri scenari sono inquietanti. Se si dimette, arriva un commissario ed è finita. Se è evidente la sua colpevolezza ma prova a resistere, non possiamo che intervenire direttamente con il garante oppure dare la parola alla Rete e toglierle il simbolo. Se resiste ancora, viene sfiduciata. Ma sono ipotesi fastidiose, quasi dolorose per un Movimento che aveva appena trionfato nella Capitale. Meglio provare a ricucire. Magari andare avanti. «A sua insaputa, come Scajola?». Lombardi & co. chiedono di tagliare il cordone ombelicale
risponde: «Nella mia vita una sola volta». Le verifiche dimostrano che ha mentito. Ci sono diversi incontri. Perché Romeo lo ha negato? Alemanno aveva certamente un legame con Salvatore Marra e per questo si vuole comprendere se esistesse un rapporto pure con Romeo che lui sta cercando di tenere celato. Ultimo mistero che coinvolge un personaggio con cui Raggi andava a parlare sul tetto del Campidoglio, probabilmente nel timore che i loro colloqui fossero intercettati. Meglio credere per l’ennesima volta alle sue rassicurazioni. Meglio fidarsi. Nonostante Marra arrestato, nonostante la Muraro e la Raineri. Nonostante le offese alla Lombardi, e le false accuse al suo futuro sfidante Marcello De Vito. Nonostante tutto.
Cautela che lascia increduli gli ortodossi. «Ma come, una polizza a sua insaputa, come Scajola? E noi non diciamo nulla?». Negli ultimi tempi, si è coagulato un grumo di dissenso. Un fastidio verso l’impostazione dirigista del Movimento, verso Grillo e Davide Casaleggio. La scomparsa di Gianroberto ha disorientato molti, lasciandoli senza punti di riferimento. Dissolto il Direttorio, il bastone del comando è rimasto solo a Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista. Per questo si è creato un dissenso guidato da un gruppo di cui fa parte Roberta Lombardi, la vera vincitrice della vicenda, se si può parlare di un vittoria in una disfatta totale. Vicino a lei, Roberto Fico, Carla Ruocco e Paola Taverna. Sono loro a chiedere a Grillo, per ora sotterraneamente, di tagliare il cordone ombelicale.
Nelle retrovie si soffre, si morde il freno. Grillo ha vietato l’uso di Facebook per esprimere idee in dissenso, ma Andrea Colletti non si tiene: «Su questa vicenda la Raggi, se fosse vero, dovrebbe riferire non solo ai pm ma a tutti noi».
L’ira degli ortodossi