Vasto, scontro sui tempi dell’inchiesta
L’arcivescovo Forte: «Giustizia troppo lenta» La replica del pm: «Indagini velocissime» Il legale: quel ragazzo non si era mai scusato
Fabio Di Lello ha trascorso la notte nel carcere di Torre Sinello. Stamane il fascicolo che lo riguarda sarà inviato al gip dal pubblico ministero Gabriella De Lucia e domani si dovrebbe tenere l’interrogatorio di garanzia per l’omicidio di Italo D’Elisa, il giovane che travolse con l’auto la moglie di Fabio, Roberta. Ma dopo, secondo ambienti giudiziari, è difficile che per il fornaio bomber di Vasto si aprano le porte della cella. L’autopsia deve essere ancora compiuta. Ma dai primi accertamenti i tre colpi che hanno raggiunto il ragazzo (il quarto proiettile non è esploso) dimostrano una determinata e premeditata volontà di uccidere. Una situazione ben diversa dall’omicidio stradale compiuto da Italo D’Elisa passando col rosso e colpendo in pieno la donna 34enne a bordo di uno scooter.
Una situazione che rende il clima ancora più infuocato nella cittadina di Vasto. Dove il gesto dell’ex calciatore viene in parte giustificato. Non solo dal difensore che, a 24 ore dalla morte del ventiduenne, rimarca: «Italo D’Elisa, dopo aver ucciso Roberta non ha mai chiesto scusa né mostrato pentimento. Anzi, era strafottente con la moto. Dava fastidio al marito di Roberta. Quando lo incontrava, accelerava sotto i suoi occhi». Ma lo stesso arcivescovo di Vasto, Bruno Forte, stigmatizzando l’intento di «farsi giustizia da sé», e ricordando che la «vendetta non è mai giustizia e produce solo ulteriore sofferenza e ulteriori mali», censura «le lentezze di una giustizia che non dava segni nei confronti di colui che aveva investito una donna». «Da una parte — rimarca Forte — il “no” assoluto a cercare giustizia da sé dall’altra parte però una sollecitazione alla giustizia perché sia più sollecita. Una giustizia lenta non è più giustizia e produce anche effetti come questi tragici a cui si è assistito a Vasto». L’arcivescovo evidenzia come la necessità di chiedere «Giustizia subito per Roberta» era «un sentimento popolare diffuso di fronte a una giovane vita spezzata», ma anche quel movimento, «legittimo in sé, non ha giustificato l’uso della violenza».
«Nessuna lentezza, ma anzi, al contrario, questo procedimento evidenzia la celerità di un tribunale come quello di Vasto nella trattazione dei processi», replica il procuratore di Vasto, Giampietro Di Florio. «Le indagini — sottolinea il pm — sono durate 110 giorni dalla data dell’incidente, l’udienza davanti al gup era prevista il 21 febbraio: direi che ci sono tutti i tempi rapidi per arrivare a una sentenza, in meno di otto mesi». E mette in guardia: «C’è il pericolo che certe affermazioni possano condizionare l’opinione pubblica».
Un clima ben diverso da quello dell’arresto al cimitero. A prendere Di Lello sulla tomba della moglie, dopo l’omicidio, c’è andato Antonio Castrignanò, comandante della stazione dei carabinieri, che nella scorsa estate in un incidente stradale ha perso il figlio. A Di Lello ha detto solo : «So cosa si prova».