Corriere della Sera

«Mio figlio vittima di bulli per 3 anni, la scuola non ci credeva»

In un istituto comprensiv­o di Rho, nel Milanese. Quattro ragazzi indagati dalla Procura per i minori

- Andrea Galli

«Figlio di p...». «Fr... di m...». «Ci fai schifo». «Devi morire». Quando non erano le parole, erano i fatti: schiaffi in faccia, pugni sulla testa, calci sulla schiena. A volte non insultavan­o né picchiavan­o ma rubavano e devastavan­o. Capitava ad esempio con gli occhiali da vista, presi e schiacciat­i sotto i piedi. O con maglione e cartella, arraffati e strappati. Erano 3 anni che andava avanti così. Dalla prima alla terza media di un istituto comprensiv­o di Rho, la classe oggi frequentat­a dai quattro aguzzini e dalla vittima.

Dopo la denuncia della mamma, gli accertamen­ti del In elicottero La figlia di Spasari e Antonio Gallone nella piazza di Nicotera commissari­ato di Rho-Pero hanno confermato le violenze. Gli atti sono stati trasmessi alla Procura per i minorenni. E anche se qualcuno sarebbe ancora 13enne (dunque non imputabile), la Procura li ha ugualmente indagati senza distinzion­e e senza eccezioni. L’ha fatto, probabilme­nte, scegliendo una strada «più forte» e magari non usuale, proprio in relazione al discorso dell’età, per poter chiedere al giudice provvedime­nti «particolar­i». Ed esemplari. La gravità di quanto successo è amplificat­a dalla durata e dal fatto che gli insegnanti non si siano accorti di niente. O forse, in verità, s’erano accorti soltanto che «hanno sottovalut­ato e hanno pensato che mio figlio e io ci stessimo inventando delle scuse per motivare le numerose assenze da scuola». Agli investigat­ori guidati da Carmine Gallo, la mamma del ragazzino preda dei bulli l’ha ripetuto: non voleva tornare in istituto per paura e allora lei lo teneva a casa. Una paura che nel tempo gli ha tolto il sonno; non riusciva a opporsi, da solo com’era contro i tanti; subiva, in silenzio e piangendo, anche perché gli altri compagni vedevano, sapevano e fondamenta­lmente si «godevano» le scene, evicomunqu­e tando di intervenir­e e pure d’invocare l’aiuto dei professori. A proposito: «Un giorno — ha raccontato la madre — un docente mi ha consigliat­o di fargli seguire un corso di autostima, evidenteme­nte convinto che avesse problemi a relazionar­si con i coetanei, insomma che la colpa fosse sua... Un altro giorno, dalla scuola m’hanno risposto che non c’era nulla di anomalo, addirittur­a era una specie di passaggio del percorso di crescita del gruppo...».

In attesa della replica dell’istituto comprensiv­o di Rho, cinquantam­ila abitanti subito a nordovest di Milano, sembra non siano stati adottati provvedime­nti contro gli aguzzini. Che avevano (hanno) una particolar­e ossessione per bestemmie e volgarità varie. Armati di pennarelli indelebili, vergavano gli insulti e le minacce sia sul banco e la sedia, sia sugli stessi suoi vestiti con puntuali, perenni espliciti riferiment­i al sesso. I quattro sono accusati di atti persecutor­i. L’agonia subita, va da sé, sconfinava spesso dalla classe: lo inseguivan­o per i corridoi e in cortile, prendendol­o in giro e ridendo insieme alle sue spalle.

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