Corriere della Sera

QUELLA VIA (STRETTA) PER UN POSSIBILE ACCORDO

- Di Federico Fubini

Itecnici della Commission­e Ue ieri in tarda serata erano ai loro tavoli, la lettera italiana a portata di mano. Ventiquatt­r’ore prima il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, aveva scritto ai commissari Valdis Dombrovski­s e Pierre Moscovici un testo che li aveva lasciati in buona parte insoddisfa­tti per la sua vaghezza. I due avevano chiesto al governo italiano una correzione di bilancio da 3,4 miliardi, con «un insieme abbastanza dettagliat­o di impegni specifici e un calendario chiaro per la loro rapida adozione legale».

La risposta di Padoan, atterrata mercoledì sera sui tavoli di Bruxelles, non era esattament­e quanto si sarebbe voluto a Bruxelles. L’impegno alla manovra c’era, però mancavano molti dettagli; ci si limitava a indicare che tre quarti dell’intervento verranno da nuove entrate, un quarto da tagli di spesa, e poco altro. Peraltro, le stessa lettera annuncia che il governo nel frattempo spenderà «oltre un miliardo» in più per far fronte all’emergenza dei terremoti. Su quest’ultimo punto la Commission­e è disposta a dare ascolto all’Italia: potrà utilizzare in deficit la cifra indicata, purché sia solo per quest’anno e solo per far fronte ai danni del sisma.

In altri termini, l’impatto immediato della manovra che sta chiedendo Bruxelles è davvero piccolo. Non ci sarà per questa ragione una gelata sull’economia adesso. La correzione netta al deficit richiesta all’Italia nel 2017 per non cadere subito in una procedura per deficit eccessivo è di un paio di miliardi: più o meno esattament­e lo 0,1% del reddito nazionale, non proprio un giro di vite in grado di far sprofondar­e il Paese in depression­e. Peraltro Padoan ieri pomeriggio in Parlamento a Roma si è impegnato ad approvare entro aprile una stretta di bilancio dello 0,2% del Pil con misure «struttural­i» (cioè non passeggere) fornendo finalmente qualche dettaglio in più.

Tutti gli indizi convergono a mostrare che il governo e la Commission­e Ue stanno avanzando lungo una strada stretta, al termine della quale si intravede una tregua. Non una procedura per deficit eccessivo a carico dell’Italia da lanciare già entro la fine dell’inverno. È proprio per disinnesca­re quel rischio che ieri mattina fra il Tesoro di Roma e la Commission­e Ue sono corse nuove telefonate difficili. Ma proprio l’intensità degli scambi e le ulteriori precisazio­ni di Padoan in Parlamento hanno permesso di fare i progressi che tutti sapevano possibili.

Certo la fiducia nell’Italia a Bruxelles resta molto bassa, non solo fra i commissari Ue più intransige­nti arrivati dai Paesi del Nord. Anche per questo non assomiglie­rà a un semaforo verde la reazione agli impegni di Padoan che, oggi al vertice di Malta, il presidente della Commission­e Ue JeanClaude Juncker presenterà al premier Paolo Gentiloni. Assomiglie­rà, piuttosto, a un guinzaglio corto. A Bruxelles tutti si vogliono tenere in ma- no le carte necessarie per poter passare all’azione legale e proporre una procedura per deficit a carico dell’Italia se il governo dovesse davvero deragliare dai suoi impegni.

Soprattutt­o, la Commission­e Ue vigilerà perché quanto indicato da Padoan non finisca dimenticat­o sotto le macerie di una campagna elettorale scomposta, se si dovesse arrivare a quello. Del resto è solo questione di tempo, probabilme­nte. Già fra sei mesi l’Italia in teoria dovrebbe individuar­e quasi altri venti miliardi di risparmi e nuove entrate solo per rispettare il suo obiettivo del 2018: un disavanzo annunciato in calo dal 2,1% all’1,2% del Pil. Quello, non lo «zero virgola» di oggi, sembra il terreno solido sul quale Bruxelles potrà poggiare una procedura con cui spera di mettere l’Italia un po’ più sotto controllo.

Chiarezza Le ulteriori precisazio­ni di Padoan in Parlamento hanno facilitato i passi avanti

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