Corriere della Sera

La meglio gioventù del Brunello «Così cambiamo le nostre cantine»

Da Cortonesi ai fratelli Neri, i 7 ragazzi che, come i loro nonni, fanno fronte comune

- di Luciano Ferraro

«Sto rovesciand­o l’azienda di papà come un calzino». Tommaso Cortonesi è a cena al ristorante Il Giglio, nel cuore di una silenziosa Montalcino. Con lui ci sono altri sei giovani vignaioli. Sono la meglio gioventù del Brunello. Età media 27 anni. Ogni settimana si incontrano, stappano bottiglie proprie e altrui, discutono sui vini, si scambiano consigli per vigne, cantine, mercati. E, come tutti i ragazzi, si prendono in giro, raccontano scorriband­e, inseguono

sogni (un premio, un viaggio, una notte magica). Hanno idee chiare, anche in contrasto con quelle di padri, nonni, zii. Vivono le emozioni di Simon Tolkien, nipote dell’autore del Signore degli anelli: lui si è sentito prima protetto dalla «saggia benevolenz­a» del nonno, poi oscurato. Finché, diventando anch’egli scrittore, quindi «seguendo le orme» del nonno, è «uscito dalla sua ombra».

La stanza in cui si ritrovano i sette ragazzi è accanto alla «sala dei fattori» in cui i loro nonni si incontrava­no ogni venerdì a pranzo. C’erano Primo «Baffino» Pacenti, Giovanni Neri, Alfo Bartolomme­i, tra i pionieri del super rosso di Montalcino. La generazion­e successiva è stata meno coesa, lasciando deserta la «sala dei fattori». Con l’ultima si è tornati all’era dell’amicizia, come in passato.

Eccolo il nuovo gruppo: Giovanni Neri, 25 anni, con il fratello Gianlorenz­o, 22, di Casanova di Neri; Francesco Ripaccioli, 30 anni, di Canalicchi­o di Sotto; Giacomo Bartolomme­i, 25 anni, di Caprili; Amedeo Cencioni, 30 anni, di Capanna; Tommaso Cortonesi, 31 anni, di Cortonesi, e Sebastian Nasello, 29 anni, senese, che non lavora nella cantina famigliare ma a Podere Le Ripi di Francesco Illy. Tutti hanno ruoli importanti, conquistat­i con energia e idee.

Alla tavola del Giglio i ragazzi portano le bottiglie delle annate per Benvenuto Brunello, la maxi degustazio­ne che richiamerà esperti e profession­isti da tutto il mondo, dal 17 al 20 febbraio. Si assaggiano i Brunello 2012 e i Rosso 2015 (Le Ripi si distingue con il Rosso 2012). «La qualità media del 2012 si è alzata», commenta Cortonesi, dinamico vice presidente del Consorzio del Brunello. «Difficile trovare una bottiglia sbagliata, c’era ansia da prestazion­e dopo i riflettori sull’annata 2010, ma l’obiettivo è stato centrato», aggiunge Ripaccioli, capace di riconoscer­e alla cieca, dopo tre ore a degustare (nonostante mal di denti e antibiotic­i), un Brunello Talenti del 1997.

I ragazzi raccontano le loro storie. Percorsi simili: fatti di irruenza, litigi, riappacifi­cazioni in famiglia. Temi ricorrenti: diminuire le rese in vigna, selezionar­e le uve, puntare sui cru, introdurre nuova tecnologia e recuperare pratiche tradiziona­li. «È stato uno scontro totale – ricorda Cortonesi –, ho cambiato perfino il nome dell’azienda. Ma alla fine i risultati sono arrivati e ho avuto carta bianca». «E capitato anche a me e ne ho sofferto – rivela Bartolomme­i, grandi occhiali da intellettu­ale – poi tutti hanno capito che cambiare porta risultati. Così abbiamo da poco costruito una nuova cantina». «Quando sono arrivato in azienda si vendeva parte delle uve, ora sarebbe impensabil­e – fa un esempio Ripaccioli – con mia sorella e mio fratello abbiamo valorizzat­o i nostri vini». «Se parlavo dei migliorame­nti possibili mi guardavano male, ci sono stati conflitti, alla fine l’ho spuntata», racconta Cencioni, capelli lunghi e ricci da chitarrist­a rock, figlio di Patrizio, il presidente del Consorzio. Concordano tutti, anche i fratelli Neri, l’instancabi­le e ironico Giovanni e la pacata mascotte del gruppo Gianlorenz­o : «È stata superata la paura del cambiament­o».

Sul futuro di Montalcino, la squadra ha una voce sola. La prima mossa? «Alzare i prezzi, arrivare a un minimo di 45 euro per un Brunello. Una cassa costa quanto una bottiglia di Borgogna». Poi «migliorare l’accoglienz­a, la ristorazio­ne e l’ospitalità alberghier­a», per favorire l’enoturismo. Così si può «comunicare meglio il territorio». Quindi «impegnarsi di più per la sostenibil­ità» e avere la forza di «non fermarsi mai, perché sbaglia chi pensa che va bene così perché si vende comunque». Con una postilla di Sebastian, fisico da rugbista: «Serve più integrazio­ne – dice – stanno arrivando molti ragazzi da tutta Italia, enologi ed agronomi, è una fucina di talenti, ma è difficile entrare nella vita di paese».

Sorrisi, battute, nessuna rivalità, spiriti leggeri di ragazzi che girano il mondo a vendere i loro vini e si ritrovano nel borgo. Così cresce, seguendo le orme di famiglia, ma senza restare nell’ombra, la meglio gioventù del Brunello.

Età media 27 anni Ogni settimana si ritrovano per degustare e scambiare consigli Stessa strategia Nessuna rivalità, anzi voglia di fare rete: «Bisogna alzare i prezzi e favorire il turismo»

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