Corriere della Sera

Di Allegri e Pioli

Il 4-2-3-1 è il sistema più diffuso nei primi 5 tornei. Conte fa tendenza in Premier, in A regna il trasformis­mo

- Carlos Passerini

Se la storia di questa Premier ha preso una piega ben precisa è perché prima di un Hull-Chelsea 0-2 dell’1 ottobre Antonio Conte ha deciso di cedere ad una sua vecchia tentazione, la difesa a tre: i suoi Blues hanno infilato 15 vittorie su 17 schizzando in testa e da lì in poi almeno sei manager lo hanno imitato. Perché, come ha detto un giorno Mourinho, «nel calcio non s’inventa niente, tutto torna». Sul fatto che i sistemi da soli non facciano vincere le partite («più spesso le fanno perdere» sosteneva Mazzone che però ne era un maestro, mentre Gigi Maifredi diceva: «Io i giocatori in campo li metto benissimo, il problema è che poi si muovono») siamo più o meno tutti d’accordo, anche se allo stesso tempo è evidente come non si possa raccontare oggi il calcio senza parlare di tattica.

Ogni epoca ha le sue tendenze, e questa non fa eccezione: secondo una ricerca Opta sui primi cinque campionati europei — serie A, Premier, Liga, Bundesliga e Ligue1 — oggi più di una squadra su quattro si mette in campo con il 4-2-3-1, soluzione offensiva che nel 2016/17 è stata scelta nel 28% dei casi come impostazio­ne partite giocate dalla Juve con il nuovo 4-2-3-1: 3 vittorie, 6 gol fatti 1 e subito sistemi alternati da Gasperini con l’Atalanta durante questa stagione iniziale (564 volte su 2.046). Subito dietro, al 24%, il 4-3-3 che doppia il 4-4-2 classico fermo al 12%, poi 4-3-1-2 al 5%. Due consideraz­ioni: 1) il trequartis­ta sta sparendo a tutte le latitudini, il gioco si è spostato sulle fasce, e il dato ne è solo l’ennesima prova (in A il «10» vero lo hanno solo Empoli e Samp); 2) anche se resta la prima scelta, il 4-2-3-1 è in calo rispetto ad alcuni anni fa: nel 2012/13 era addirittur­a al 47%.

Questa la fotografia su base continenta­le, ma va detto che ogni torneo conserva le proprie peculiarit­à: in Germania e Francia (ma anche in Inghilterr­a, nonostante la fresca controrifo­rma contiana) guida il 4-2-3-1 mentre in Spagna e Italia vince il 4-3-3. Dice Zeman: «Per coprire il campo non esiste un modo migliore». Ci si affidano quasi dogmaticam­ente Sarri per il Napoli (100% delle formazioni iniziali) e Montella per il Milan (95%).

Il 3+1 da noi invece non ha mai in realtà sfondato del tutto. Lo ha scelto Pioli per la sua Inter fin dall’inizio della sua avventura. «Ma il vero tratto distintivo della nostra cultura tattica è la flessibili­tà, anzi il trasformis­mo — spiega Renzo Ulivieri, Assoallena­tori —. Rispetto al resto d’Europa da noi il cambiament­o è una necessità. 4-4-2 Nella versione classica è al 12%. Lo usa Jardim per il suo Monaco (Afp) Occorre elasticità anche in corso di partita. Fantasia, o arte dell’arrangiars­i: è la ragione per cui siamo i migliori». La A resta insomma un laboratori­o d’arte varia, e il caso Conte ne è la conferma. Prendiamo le prime due della classifica: Allegri ordina alla bisogna la sua Juve con 4-3-1-2, 3-5-2 e ora 4-2-3-1 «europeo» con una disinvoltu­ra sbalorditi­va; Spalletti alterna difesa a 3 o 4 con la semplicità con cui cambia i calzini, idem Sousa della Fiorentina.

Ognuno insomma si sceglie i propri numeri. Il sorprenden­te Jardim, uno degli specialist­i più interessan­ti d’Europa, resta fedele al 4-4-2 che ha consentito al Monaco di segnare la bellezza di 65 gol in 22 partite, ma ad esempio Sampaoli (Siviglia) non ne gioca due di fila allo stesso modo. Il suo nume, e non solo il suo, è Marcelo Bielsa detto El Loco, il Matto, considerat­o un’autorità mondiale in tema di tattica: «Esistono 28 sistemi diversi, non uno di più, io lo so per certo perché ho visto 50 mila partite» ha raccontato l’ultima volta che è stato a Coverciano, 2015. Aggiungend­o però che «quello giusto non esiste».

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