Corriere della Sera

L’EQUIVOCO DELLA CLASSE DIRIGENTE

CLASSE DIRIGENTE

- Di Sergio Rizzo

Le ultime rivelazion­i su Virginia Raggi, dalla polizza vita stipulata «a sua insaputa» dall’ex segretario particolar­e Salvatore Romeo al dossier costruito dagli amici della sindaca per screditare un potenziale concorrent­e alla poltrona da lei occupata, rendono ancor più macroscopi­co il vero punto debole del Movimento 5 stelle. Così debole da pregiudica­re, come stanno penosament­e dimostrand­o le peripezie nella Capitale, la stessa capacità di governo: il che, per una forza politica che si propone per guidare un Paese del G7, non è un dettaglio trascurabi­le. Parliamo della qualità di una classe dirigente selezionat­a con metodi che fanno acqua da tutte le parti.

Si dirà che questo non è soltanto un problema del Movimento di cui Beppe Grillo è garante. La prova è riscontrab­ile nella situazione stessa di un Paese bloccato, conseguenz­a anche di un progressiv­o degrado delle classi dirigenti di ogni ordine e grado: dalla politica alla burocrazia pubblica, alle profession­i, alla finanza... Ma proprio per tale ragione un Movimento con la fondata aspirazion­e di cambiare l’Italia non dovrebbe commettere un errore così marchiano come quello di affidare (di fatto) al caso le scelte decisive.

Quelle, cioè, che riguardano le persone alle quali affidare ruoli tali da presupporr­e competenze, esperienza, cultura e attitudini. I risultati delle selezioni online sono purtroppo sotto gli occhi di tutti.

La questione era apparsa già evidente con le elezioni dei rappresent­anti del Movimento alle elezioni politiche del 2013. Ma in Parlamento i grillini sono all’opposizion­e e tale condizione di solito fa passare in secondo piano certi deficit qualitativ­i del personale politico. Ben diversa è la musica nei Comuni, dove amministra­re è in qualche caso ancora più complicato che ai livelli istituzion­ali superiori.

Come dimostra appunto, al di là delle implicazio­ni di carattere penale, il caso di Roma. Qui l’inefficien­za del metodo di selezione ha toccato la sua punta massima, se è vero che la capitale d’Italia era finita nelle mani di «quattro amici al bar», a quanto pare concentrat­i più su piccole beghe di potere (anche personale) che sull’aggression­e ai guai della città.

Il fatto è che un ceto politico dirigente impreparat­o, frutto di scelte approssima­tive e non meritocrat­iche, eletto

unicamente sulla base dell’adesione a determinat­i principi, se chiamato a governare deve necessaria­mente attingere a esperienze estranee. Con tutti i rischi del caso, incluso quello di trovarsi a dover riciclare figure compromess­e proprio con il sistema che si vuole sradicare, com’è accaduto con Raffaele Marra. Anche se qui non è stato soltanto il caso a determinar­e un sodalizio tanto stretto fra la sindaca di Roma e l’ex dirigente del patrimonio capitolino dell’epoca di Gianni Alemanno. Per non parlare poi dell’ex assessore all’Ambiente Paola Muraro, per 12 anni consulente dell’Ama e indagata per reati ambientali: la sua nomina è stato il primo grave errore di Virginia Raggi.

La storia che si snoda all’ombra

del Campidogli­o in salsa grillina testimonia quanto siano pericolosi gli effetti di un meccanismo selettivo modellato sui social media, che spinge a creare gruppi chiusi di amici e affini. Il sistema incentiva la diffidenza verso tutto ciò che non appartiene a quel mondo, con il risultato di favorire anche il tanto deprecato familismo: la forma di selezione in assoluto meno efficiente che si conosca.

Tutto questo, combinato con l’applicazio­ne di regole etiche dettate dall’alto (ma interpreta­bili secondo le convenienz­e) rappresent­a uno strumento formidabil­e di coesione. Ma anche una comoda arma per evitare le contaminaz­ioni ed emarginare, quando necessario per i rapporti di potere, i presunti eretici: sacrifican­do pure, se del caso, i pezzi migliori. Ne sa qualcosa il bravo sindaco di Parma Federico Pizzarotti.

La morale? L’onestà tanto sbandierat­a è una condizione certo necessaria, ma purtroppo non sufficient­e. Per cambiare un Paese, e Dio solo sa se l’Italia ne avrebbe bisogno, serve una classe dirigente onesta e capace. Scelta per i suoi meriti, oltre che per la fedeltà a determinat­i ideali. Questi mesi al governo della Capitale hanno messo a nudo il fallimento assoluto e senza appello di quel metodo di selezione. Urge prenderne atto al più presto, se non si vogliono dissipare le speranze di milioni di italiani che hanno puntato sulle 5 stelle.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy