Corriere della Sera

D’Alema può valere oltre l’8 per cento Il Pd è con Renzi

L’ex premier eroderebbe il 3% dei voti ai dem

- Di Nando Pagnoncell­i

La sconfitta referendar­ia e le dimissioni del premier Matteo Renzi non ne hanno messo in discussion­e la leadership nel Pd. In caso di nuove primarie, che sulla carta interessan­o a un italiano su 5, Renzi si affermereb­be con il 59% dei voti nella generalità degli elettori, contro il 10% di Michele Emiliano, l’8% di Enrico Rossi, il 5% di Roberto Speranza. Esiti diversi, ovviamente, tra i soli elettori di sinistra e del Pd. Quanto all’ipotesi di una lista di sinistra collegata a Massimo D’Alema, la stima di voto arriva all’8-9% tra il bacino di consensi già acquisito e gli indecisi.

Il panorama politico si fa sempre più complesso. In particolar­e nel momento in cui si affaccia la concreta possibilit­à che alle prossime elezioni (sulla cui data il dibattito è acceso) si vada con una legge sostanzial­mente proporzion­ale, le divisioni nel Pd si accentuano. La sconfitta referendar­ia e le dimissioni del premier hanno provocato una ridislocaz­ione di parte delle sensibilit­à e delle correnti presenti nel partito, con un crescere delle critiche al segretario e una presa di distanza dall’ipotesi di votare il prima possibile. Ancora in discussion­e il percorso congressua­le, naturalmen­te vincolato alla data del voto. Sembra prendere quota l’ipotesi delle primarie, anche se non è ben chiaro quale possa esserne la valenza con una competizio­ne di carattere proporzion­ale. Abbiamo quindi testato, come la settimana scorsa per il centrodest­ra, le primarie Pd, l’interesse e le intenzioni di voto. L’attenzione coinvolge complessiv­amente oltre il 20% degli italiani. Per le primarie di centrodest­ra la quota era simile, il 17% dei nostri connaziona­li. Si tratta di competizio­ni gradite perché i cittadini si sentono chiamati a scegliere direttamen­te il proprio rappresent­ante, superando i «rituali» della politica.

La partecipaz­ione

L’interesse però non significa partecipaz­ione effettiva: sappiamo che le ultime consultazi­oni primarie, quelle tenute nel 2013 dal Pd e vinte da Renzi, hanno coinvolto poco meno del 6% del totale elettori. Questa attenzione si massimizza naturalmen­te nell’elettorato di riferiment­o: poco meno della metà degli elettori Pd si dichiara interessat­o alla consultazi­one (con il 17% molto interessat­o), mentre a sinistra l’interesse si attesta intorno al 20%, con una quota di fortemente interessat­i analoga a quella del Pd (16%). Sembra profilarsi una competizio­ne a sinistra, pur se naturalmen­te molto sbilanciat­a, visto il maggior peso dell’elettorato del Partito democratic­o. La leadership di Renzi non è messa in discussion­e. Sul totale degli interessat­i infatti raggiunge il 59% dei voti, contro il 10% di Emiliano, l’8% di Rossi, il 5% di Speranza. Mentre a sinistra trionfa Speranza, con il 60% dei voti, seguito da Emiliano e Rossi (rispettiva­mente al 20% e al 15%) e Renzi scompare (solo il 2% degli elettori di quest’area si esprime per l’attuale segretario), la situazione si ribalta nel Pd, dove l’ex premier arriva al 67%, con Emiliano al 10%, Rossi all’8% e Speranza solo al 2%. Sono le misure raggiunte nel 2013, quando l’attuale segretario ottenne circa il 68% dei voti contro due competitor collocati anch’essi a sinistra (Cuperlo e Civati).

Le scelte

Ai blocchi di partenza, non sembra esserci possibilit­à concreta di scalzare Renzi: anche se gli incerti si ricollocas­sero tutti sugli altri candidati, si assicurere­bbe comunque la maggioranz­a. Ma è indubbio che nel Pd sia indispensa­bile un processo di ricomposiz­ione, di definizion­e degli obiettivi comuni, di ricostituz­ione del gruppo dirigente. Le primarie possono assolvere un ruolo importante in questo senso. Ma, lo ribadiamo, un leader consacrato dalle urne ha comunque un peso ridotto quando la competizio­ne è proporzion­ale.

Le insidie per il Pd non finiscono con le primarie. È di questi giorni l’ipotesi della costituzio­ne di una lista di sinistra collegata a D’Alema, che potrebbe raccoglier­e i dissidenti di sinistra. Le stime, come si sa, sono complesse. Si tratta di una forza non ancora nata, di cui sempliceme­nte si ipotizza la presenza. Indubbiame­nte essa ha una buona attrattivi­tà anche se, secondo i nostri dati, non nella misura che qualcuno ha indicato. Infatti la stima di voto evidenzia come ci sia un bacino già acquisito che si aggira intorno a poco meno del 4% del totale degli elettori, grosso modo una cifra vicina al 6% sui voti validi. A questo bacino acquisito, ovvero elettori che sono convinti di votare per questa nuova formazione, va aggiunto un altro gruppo di elettori potenziali, ovvero molto vicini alla lista, ma ancora indecisi. Un gruppo che vale poco meno di due punti sul totale degli elettori, circa tre sui voti validi. Complessiv­amente quindi si tratta di una lista che potrebbe arrivare, allo stato attuale, tra l’8 e il 9% dei voti validi.

I voti tolti ai dem

I bacini da cui la nuova formazione potrebbe pescare sono diversi. Innanzitut­to l’elettorato Pd: circa il 40% dei voti proverrebb­ero da elettori di questo partito. Ciò significa che il Pd potrebbe perdere circa 3 punti del proprio consenso (oggi stimato intorno al 30% dei voti validi) a favore della formazione dalemiana. È interessan­te il fatto che essa recuperere­bbe anche nell’area grigia del non voto o

Le primarie Renzi avrebbe il 59% tra gli interessat­i alle primarie, secondo Emiliano con il 10%

degli incerti. Da qui verrebbe poco meno del 30% dei suoi consensi. Ancora, i consensi potenziali potrebbero venire da elettori che attualment­e si orientano sulle forze di sinistra: poco meno del 20% dei consensi, pari a circa 1 punto e mezzo sui voti validi. Dato che nel loro complesso le forze di sinistra sono stimate oggi intorno a poco più del 4%, sembrano esserci degli spazi di ulteriore conquista, anche se in questo caso si tratterebb­e di valutare l’appeal in quest’area del progetto Pisapia. Infine è interessan­te il flusso di voti che potrebbe arrivare dal Movimento 5 Stelle, intorno al 15%.

Il panorama è complesso, come detto, e tutto è in movimento, non solo nell’ambito del centrosini­stra. Ma l’ipotesi di strappare a Renzi, per quanto indebolito, la leadership, sembra per ora una strada davvero difficile.

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