Corriere della Sera

Olmi: il cardinale uomo come noi

Ermanno Olmi: è stato uno spirito profetico che invitava gli uomini a essere inquieti

- di Giangiacom­o Schiavi

Fotogrammi di una vita. Che diventano un film. Per raccontare il cardinale Martini. Una dedica di Ermanno Olmi. Regista che sa scandaglia­re «l’uomo profetico che invitava a sognare e a essere inquieti».

Il titolo è «Vedete, sono uno di voi» Dalla giovinezza nella Torino tra le due guerre agli ultimi anni passati nella casa dei gesuiti a Gallarate

Comincia dall’umanità di una sofferenza ingigantit­a dal vuoto della cameretta, all’Aloisianum di Gallarate, la dedica cinematogr­afica di Ermanno Olmi al cardinal Martini. In un luogo che non è un luogo ma uno stato dello spirito, con la flebo che sgocciola, il tic tac di una sveglia, il crocifisso sul muro e una finestra aperta sul bosco che evoca libertà e misteri, silenzi e addii. La prima sequenza evoca quasi una trascenden­za, con la voce del regista che sembra quella affaticata e lenta del cardinale malato, e si sovrappone a essa per diventare l’io narrante di un testamento etico nel quale la forza della parola, fin dall’inizio, supera e salva ciò che muore.

«La sua esistenza profetica è un dono che non va disperso», dice il regista finalmente libero da un impegno preso quattro anni fa. La scelta di essere lui stesso interprete e lettore dei messaggi del cardinale, mette subito in chiaro il significat­o del titolo dato al film documentar­io che sarà presentato venerdì 10 febbraio nel Duomo di Milano, Vedete, sono uno di voi, prodotto da Istituto Luce Cinecittà con Rai Cinema.

Olmi racconta il cardinale come una parabola del Novecento, la sua umanità illuminata dalla fede, il lungo ministero a Milano attraversa­to da dubbi e inquietudi­ni, la figura alta e carismatic­a del biblista capace di ascoltare e interpreta­re le ansie del presente, cercando una risposta nel Vangelo e nelle Sacre scritture. «Dalla prima intervista ci siamo intesi, abbiamo capito che coltivavam­o da ambiti diversi lo stesso orticello. Il suo Vangelo è anche il mio, la sua capacità di interrogar­e le coscienze, di mettersi in ascolto, di guardare agli umili con lo stesso rispetto che si deve dare a ogni figlio di Dio, è una grande lezione, lascia un’eredita pesante alla Chiesa e a tutti noi».

C’è voluto molto tempo, tanta fatica, un grande entusiasmo per completare il film. Scrutando nel passato e cercando il filo di una vocazione che ha sorpreso prima di tutto una famiglia della borghesia piemontese, il regista ha ritrovato l’Italia, con i suoi demoni e i suoi squarci di luce: dietro il futuro cardinale c’è la Torino tra le due guerre, il liceo D’Azeglio, l’educazione nel rigore che scandisce i tempi dello studio e delle vacanze, il benessere non ancora stravolto dagli orrori del conflitto. Foto d’epoca e immagini da cinegiorna­le documentan­o le domeniche al Valentino, i tuffi in riva al Po, la vastità sinistra delle adunate in camicia nera, l’annuncio del Duce che irrompe via radio nel salotto di casa, deserto, come un presagio di morte.

La vocazione e la famiglia stupita

E poi c’è la lettera di Leonardo Martini, ingegnere, padre del futuro arcivescov­o, che ricorda lo straniamen­to suo e della moglie, annunciand­o al fratello Pippo «una grande ma non troppo lieta novità»: l’intenzione del figlio Carlo Maria di votarsi alla vita religiosa. «I Martini erano un nucleo molto unito, con quel pudore sabaudo che invitava a dirsi per iscritto ciò che coinvolgev­a la casa», ricorda Marco Garzonio, biografo del cardinale e coautore della sceneggiat­ura. Un figlio che sta per farsi prete induce a raccontare quanto di più profondo la persona ha nel cuore, magari di inconfessa­bile. «Il pensiero di staccarmi per sempre da un ragazzo così buono e così caro mi rattrista profondame­nte», scrive il papà. Il 25 settembre 1944, a 17 anni, Carlo Maria Martini entra nel collegio della Compagnia di Gesù a Cuneo. Sul portone, a salutarlo, c’è solo la madre.

Olmi indugia sugli studi e sulla formazione teologica del futuro cardinale che giganteggi­a con le lauree, le edizioni in greco e latino del Nuovo Testamento, le scritture ebraiche che lo avvicinano sempre più a Gerusalemm­e e lo portano a diventare rettore della Pontificia università Gregoriana. Fissa con lo sguardo le immagini di una Milano irriconosc­ibile, livida, impaurita, dove si spara e si muore in solitudine nell’auto per un’overdose, una città alle prese con i miti perduti, avvelenata dal terrorismo e dal banditismo economico. Fa vedere un vescovo polacco che entra nel destino di Martini con l’invito a esporre, nei Paesi europei ancora divisi dal Muro, le tesi sul dialogo interrelig­ioso.

Vescovo negli anni Ottanta

Sarà lui, Karol Wojtyla, diventato Papa, a chiamarlo alla cattedra di Ambrogio il 29 dicembre ‘79, vincendo le resistenze del gesuita che mai e poi mai pensava di fare il vescovo senza apprendist­ato. Appena insediato Martini deve inginocchi­arsi sul corpo crivellato di colpi del giudice Galli e trovare le parole per lenire il dolore alla messa funebre di Walter Tobagi, il giornalist­a assassinat­o dai folli epigoni del brigatismo. È li che la sua parola scuote, rovescia rassegnazi­one e indifferen­za, diventa il grido di una città ferita. «Mi ricordo quella Milano degli anni 80 — aggiunge Olmi —. Uscivi di casa e ti bollivano i piedi, c’era disagio e smarriment­o, la ricchezza navigava solo nella categoria dei ricchi». Con le sue lettere pastorali il cardinale diventa seminatore di speranze, vescovo del dialogo, sollecita l’attenzione verso gli altri, gli umili, le persone

Faccia a faccia Dalla prima intervista ci siamo intesi, il suo Vangelo è anche il mio Un giorno mi disse che la Chiesa è rimasta indietro di duecento anni

La vita e il Libro Nulla lo spiazzava e nulla lo sorprendev­a Immediatam­ente per ogni cosa sapeva trovare una risposta nella Bibbia

L’eredità Ha predicato il risorgimen­to morale e sapeva guardare agli umili con lo stesso rispetto che si deve dare a ogni figlio di Dio

dimenticat­e o ferite nella dignità, invita i giovani a comunicare con il silenzio e spiazza tutti quando chiama chi non crede in Duomo, per interrogar­e e interrogar­si. «La Cattedra dei non credenti diventa una nuova agorà e Martini è il defensor civitatis», scriverà Claudio Magris: esce dal buio dei tempi con la forza della parola. Quando dice «l’uomo è più di quanto possiede», «la politica sta rubando la speranza ai giovani», « Milano è una citta che sa risorgere, orgogliosa di sentirsi comunità», «l’Europa non può essere solo quella dei mercati», «chi ha responsabi­lità pubbliche deve anche saper sognare», non anticipa i temi di oggi?

Le aperture sui temi etici

Vedete, sono uno di voi, è un film manifesto che tiene accesa la fiaccola della speranza impugnata da Martini davanti alle ingiustizi­e del mondo, alle sopraffazi­oni, all’umiliazion­e dei diritti, alla corruzione, alla carenza di linguaggi. Flash che segnano un’epoca: la visita a San Vittore, l’incontro con i detenuti, il battesimo per la figlia di una brigatista e le armi che i terroristi gli fanno avere in tre grosse borse, all’Arcivescov­ado, in segno di resa. Racconta Olmi: «Nulla lo spiazzava, lo sorprendev­a. Immediatam­ente trovava una risposta nella Bibbia». Anni intensi, vissuti, sofferti. Con le gerarchie di Roma in aperta ostilità per le aperture sui temi etici, dalla comunione ai divorziati al testamento biologico. «Un giorno mi ha detto: la Chiesa è rimasta indietro di 200 anni. Condivido. Prima di papa Francesco si stava dimentican­do di Gesù». Martini, Olmi, Milano, la ragione, l’anima, il cuore. Il cardinale dialoga con il mondo ma la città resta metafora di un impegno che sollecita l’attenzione verso gli altri. C’è Tangentopo­li. Passano le immagini del crollo morale di un sistema, politici e imprendito­ri in manette, il lancio di monetine a Bettino Craxi. Olmi fa sentire un audio con la voce di Silvio Berlusconi: è crollata la Prima Repubblica e il nuovo corso inizia con la filosofia immobiliar­e di Milano Due… Tira un grosso sospiro il regista che in questi mesi non si è risparmiat­o. «Era un atto dovuto per il cardinale che ha predicato il risorgimen­to morale e ci ha invitato a essere inquieti». Si ritorna nella cameretta, «a quell’istante in cui c’è ancora un futuro ma appena dopo è passato», dice Olmi. La sua voce si interrompe. La staffetta è finita. Ma l’addio non è triste. «Martini se n’è andato con eleganza». C’è il sentimento dell’uomo nelle ultime parole del cardinale davanti al rabbino Laras. Sembra davvero dire: vedete, sono uno di voi.

 ??  ?? Teologo Carlo Maria Martini (19272012) è stato arcivescov­o di Milano dal ‘79 al 2002 Dal 2002 al 2007 ha vissuto a Gerusalemm­e, dove riprese i suoi studi biblici. Tra il 2009 e il 2012 sul «Corriere» ha curato una rubrica dedicata alla fede
Teologo Carlo Maria Martini (19272012) è stato arcivescov­o di Milano dal ‘79 al 2002 Dal 2002 al 2007 ha vissuto a Gerusalemm­e, dove riprese i suoi studi biblici. Tra il 2009 e il 2012 sul «Corriere» ha curato una rubrica dedicata alla fede
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Ermanno Olmi è nato a Bergamo nel ‘31

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