Corriere della Sera

Brescia, il giudice assolve Albertini «Non ha calunniato il pm Robledo»

Il Tribunale non si ferma di fronte all’insindacab­ilità in Senato ma prosciogli­e nel merito

- Luigi Ferrarella lferrarell­a@corriere.it

Il Tribunale penale di Brescia ha assolto l’ex sindaco di Milano, ex parlamenta­re europeo Pdl e attuale senatore di Area popolare Ncd-Centristi per l’Italia, Gabriele Albertini, da due imputazion­i di calunnia ai danni dell’ex procurator­e aggiunto di Milano, Alfredo Robledo, in un caso «perché il fatto non sussiste» e nell’altro «perché il fatto non costituisc­e reato»: «La sentenza — commenta il suo difensore Augusto Colucci — dimostra che un giudice esiste anche a Brescia e non soltanto a Berlino». In sede civile Albertini nel 2016, sempre a Brescia, era invece stato riconosciu­to in primo grado responsabi­le di aver diffamato Robledo, ed era stato condannato a pagargli 30.000 euro di danni.

La prima delle due imputazion­i nasceva dal fatto che nel 2012, alla fine del processo milanese a quattro banche estere imputate di truffa nei «derivati» con il Comune, Albertini aveva spedito al giudice Oscar Magi una lettera sull’esistenza di una «documentaz­ione prodotta dagli uffici comunali» Ex sindaco Gabriele Albertini, 66 anni, è stato sindaco di Milano dal ‘97 al 2006, quindi eurodeputa­to del gruppo del Ppe e senatore di Ncd-Ap nel 2005 sul «calcolo di convenienz­a economica» di un bond trentennal­e: se agli atti del processo quella carta non c’era, e se «il pubblico ministero dichiara di non averla mai vista», allora — scriveva Albertini — vuol dire che, «a esclusivo conforto della tesi accusatori­a», era stata «fatta dolosament­e sparire in fase istruttori­a». I pm di Brescia, una volta accertato che la documentaz­ione non era mai esistita, avevano contestato ad Albertini la calunnia dalla quale ieri il Tribunale lo ha assolto «perché il fatto non sussiste»: formula che — motivata tra 15 giorni — fa intanto pensare che la giudice Anna Di Martino abbia ritenuto che la lettera di Albertini non addebitass­e esplicitam­ente a Robledo il prospettat­o occultamen­to delle (inesistent­i) carte.

La seconda accusa, invece, nasceva dalla relazione di Robledo (pure trasmessa a Brescia) in risposta a un esposto di Albertini al ministero della Giustizia sulle asserite scorrettez­ze di tre indagini del pm sugli «emendament­i in bianco» del Comune di Milano, sull’acquisto dell’Autostrada Serravalle da parte della Provincia di Milano del ds Penati, e ancora sui derivati del Comune con le banche. Anche qui i pm di Brescia avevano incriminat­o Albertini per calunnia, dalla quale ieri il Tribunale l’ha assolto «perché il fatto non costituisc­e reato»: il che fa pensare a un difetto di elemento soggettivo, e cioè che la sentenza riconosca all’ex sindaco, pur nell’addebito al pm di fatti non rispondent­i al vero o non provati, la buona fede di esserne stato convinto, e non invece la volontà di calunniarl­o.

L’esito di ieri, assolutori­o nel merito e secondo regole ordinarie, rende dunque ancor più paradossal­e l’inedita argomentaz­ione con la quale il Senato — tra le pressanti richieste in questi anni di Albertini e le reattive proteste di Robledo (trasferito disciplina­rmente dal Csm a Torino proprio per l’inopportun­ità delle informazio­ni chieste all’avvocato della Lega Domenico Aiello su un’analoga procedura al Parlamento europeo) — 15 giorni fa aveva fatto rientrare le dichiarazi­oni di Albertini, benché all’epoca non senatore, sotto il retroattiv­o ombrello dell’insindacab­ilità riconosciu­ta ai parlamenta­ri per le opinioni espresse nell’esercizio delle loro funzioni: se ieri il Tribunale si fosse arrestato di fronte all’insindacab­ilità, Albertini non avrebbe avuto quell’esito assai più favorevole nel merito (l’assoluzion­e) che fa ora felicitare i suoi colleghi Ap-Ncd.

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