Corriere della Sera

Ani dipinge di giallo l’infelicità tedesca

- Di Paolo Lepri

Non sarebbe strano se Salvo Montalbano, Rocco Schiavone o Giuseppe Lojacono, tre figure ormai abituali del nostro immaginari­o, incontrass­ero Tabor Süden, l’eroe taciturno dei gialli di Friedrich Ani. Questo ex commissari­o tedesco, che cerca persone scomparse, parla un linguaggio agli altri comune, cementato dalle differenze di luce provenient­i da luoghi tanto diversi: il linguaggio del fattore umano, dei dubbi che nascono dal guardarsi senza illusioni allo specchio, delle emozioni prodotte dall’incontro-scontro con l’universo magnetico delle donne.

Cinquantot­to anni, di padre siriano, Ani è uno scrittore sapiente. In Germania ha vinto premi importanti e tre dei suoi libri sono stati pubblicati anche in Italia. Di lui da noi si sa poco, però, e non è semplice indovinare la tensione amara che domina le sue pagine spaziose. Un «Simenon tedesco?». Qualcuno lo ha detto, ma Süden non assomiglia certo a Maigret. Lavora in un’agenzia di investigaz­ioni dopo aver lasciato la polizia e sa dove inseguire chi ha deciso di troncare i legami con il passato. Ne indovina i segreti, forse perché combatte anche lui contro la stessa tentazione. Insegue ombre che continuano ad avere contorni quando la tremolante luce intorno a loro si spegne. Non si occupa solo di vittime, ma anche di carnefici (come, in una difficile inchiesta, i militanti delle cellule neo-naziste), dimostrand­o di saper entrare nei misteri più oscuri del suo Paese.

Süden è solo, come molti. Ma è più solo di tutti gli uomini-isola a cui potremmo pensare. Ani interpreta infatti quella sofferenza collettiva — a volte evidente nel modo di essere, oppure leggibile soltanto tra le pieghe dei sentimenti — che sembra rappresent­are uno dei fattori dominanti del carattere della società in cui vive. La cupezza del suo mondo non è un’invenzione letteraria. Viene da chiedersi, più in generale, perché la Germania riesca ad essere così metodica nel praticare, e a volte predicare, l’infelicità. Le ragioni? L’ossessione della costruzion­e, la costante paura del fallimento. Un’altra risposta possibile è che la Storia, pur non essendo una condanna, continui veramente ad essere un debito irrisolto.

@Paolo_Lepri Friedrich Ani, 58 anni, è uno scrittore tedesco

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