Tisci lascia Givenchy, dodici anni e novantatré collezioni dopo
Fine della collaborazione (da record) tra lo stilista e la maison. Il grazie di Arnault e le voci su Versace
ovantatre collezioni in dodici anni. La notizia della separazione — civilissima: Bernard Arnault l’ha ringraziato per la sua «incredibile visione» — tra Riccardo Tisci e la maison Givenchy è imprescindibile da questi due numeri. Dodici anni da direttore creativo in un’era come quella attuale che gli stilisti li divora sono già un’impresa difficilissima da ripetere. Se si considera poi la pressione che tra collezioni uomo, donna, precollezioni, couture, capsule collection e altro si abbatte sui creativi, la permanenza di Tisci nella casa francese del gruppo Lvmh ha quasi del miracoloso.
Che Tisci stia per andare davvero da Versace, come si dice da mesi nell’ambiente, o che davvero voglia concentrarsi «sui miei interessi e le mie passioni» come ha scritto l’altro ieri al momento del commiato, resta un fatto: lo stilista lascia dopo aver portato il marchio fondato nei primi anni 50 dal conte Hubert de Givenchy — capo iconico l’abitino nero di Audrey Hepburn, musa dello stilista, in Colazione da Tiffany — nel 21esimo secolo rispettandone da una parte l’assoluta dedizione alla bellezza e dall’altro l’impulso innovativo (negli anni 50 il barone Givenchy rappresentava l’alternativa «moderna» al classicista Dior), ragionando sulle culture giovanili globali, da quella dei ragazzi di Brooklyn alle da lui amatissime — e profondamente rispettate — favelas brasiliane. Tisci ha col- Riccardo Tisci con la madre Elmerinda. A sinistra, Donatella Versace per Givenchy laborato con i rapper — e ha lanciato come insolita musa, dopo Mariacarla Boscono, la transgender brasiliana Lea T — e ha pensato moda globale pur essendo a capo di un marchio francesissimo creato da un nobile (cosmopolita) di sopraffina eleganza; prima di Tisci, la successione del conte Hubert ha visto grandi della moda come John Galliano e Alexander McQueen. Ma il segno più profondo l’ha lasciato il giovane italiano con la sua visione profondamente romantica, capace sì di collezioni «dark» ma anche di straordinaria luminosità.