Dalle Marche alle case del mondo I fratelli che partirono dall’ottone
I 40 anni di Cantori e la «narrazione» dell’artigianato negli scenari di Leopardi
aesaggi tra mare e collina, quelli di Leopardi; volti, mani operose, attrezzi da bottega. Arredi che nascono nell’entroterra marchigiano. Era il 1976, Sante Cantori aveva 24 anni quando, dopo aver rifiutato un mitico «posto fisso» alle ferrovie, decide di avviare una produzione di letti in ottone: «Avevo fatto esperienza in una bottega che produceva oggetti in metallo per gli architetti e in un’azienda di illuminazione. Lavorare l’ottone è una capacità della nostra terra ma in altri ambiti, e allora mi sono detto: perché non trasferire questa abilità negli arredi?». Oggi, al giro di boa dei suoi 40 anni, la Cantori racconta in un volume la sua storia di realtà che, nel tempo, ha saputo superare l’uso del solo ottone, grazie all’intuizione di creare un rapporto elettivo con una rete di artigiani diffusi sul territorio.
Sante, Fiorella e Fabio, una compagine familiare rimasta uguale nel tempo: «Mi raggiunsero già dall’inizio, lasciando l’attività in aziende completamente diverse: Fiorella in una camiceria, Fabio in una fabbrica di strumenti musicali. Lei tutt’oggi responsabile della parte contabile, lui di quella più tecnica». A Sante il ruolo di creativo e la costante ricerca del nuovo: «Per i letti di ottone l’idea fu scardinare l’estetica ottocentesca con linee più essenziali. Studiando, in più, una speciale finitura che li lasciava perfetti, impedendo l’ossidazione». Il mercato si espande, dall‘Italia all’Europa (Francia, Germania, Svizzera) alla prima importante fornitura in Kuwait («Quasi non ci sembrò vero...», rievoca): il successo sospinge in avanti e Sante Cantori intuisce che occorre diversificare.
«Prima che il materiale iniziasse a subire un declino. Dall’età dell’ottone passammo a quella del ferro», scherza oggi, rievocando la decisione di creare, negli anni 90, la prima collezione di letti in ferro battuto.
Tecniche di lavorazione del metallo affini, per arredi rivolti a una clientela differente: «Più evoluta e al passo con i tempi, sensibile all’ecologia», non a caso questa volta la finitura prevedeva un passaggio finale a cera, con un effetto di una patina naturale, bella da toccare. La sfida fu introdurre, anche questa volta, linee essenziali, lontane dall’iconografia tipica del materiale. La vera novità fu però l’estensione ad altre tipologie di arredi: «Tavoli e lampade. Da cui ci venne l’idea di pensare a un progetto di arredo completo».
Ferro trattato a cera, colori naturali, uno spirito più fresco: «Una “casa mediterranea” dominata dal bianco, con finiture patinate e materiali naturali, che prevedeva anche la cucina. Con un effetto caldo e accogliente», racconta. Da allora il percorso è segnato e ormai i metalli non sono più l’unico «cuore» dei mobili: «In collezione abbiamo divani imbottiti, arredi laccati, complementi in legno, anche se il punto fermo rimane sempre la decorazione: non saremo mai mobilieri, né avremo come cavallo di battaglia il design. Chi si mette in casa un nostro Il terzetto I fondatori della Cantori: Sante al centro, con la sorella Fiorella e il fratello Fabio in un reparto dell’azienda. Sotto a sinistra, un lampadario in ferro battuto con un motivo decorativo ricorrente nei prodotti dell’azienda; e altri «pezzi» della collezione Cantori. Qui accanto, due fasi delle lavorazioni artigianali arredo lo fa perché ne apprezza l’artigianalità». Eppure, nel 2000 i Cantori sentono il bisogno di introdurre l’apporto di creatività esterne: «i primi furono Alan Clever e Keith Varty, gli stilisti di Byblos, capaci di interpretarci senza snaturare quello che siamo. Poi Daniel Rode, designer elegante. Gli ultimi, la coppia Castello-Lagravinese: giovani, marchigiani, con loro abbiamo rilanciato il rame e il bronzo contemporanei, e la collaborazione prosegue anche oggi».
Metalli, sempre attuali: «Oggi vanno più i toni tenui, dall’oro pallido al rame satinato, al bronzo naturale. Anche se le finiture lucide, da sole o alternate all’opaco, rimangono, soprattutto per i mercati del far-east, per i quali rappresentiamo Tappezzieri, decoratori, laccatori diffusi nel territorio: «Il più lontano è a trenta chilometri»
l’idea di un lusso accessibile».
Il corso attuale di Cantori sono i giovani («Figli e nipoti, tutti presenti in azienda: chi si occupa del commerciale, chi di comunicazione, chi segue la produzione e il contract nautico») e gli artigiani «diffusi»: «Un centinaio, nel raggio di 15-20 chilometri, forse 30 il più lontano: tappezzieri, decoratori, laccatori, chi lavora le pelli e tutto quanto concerne i metalli. Abbiamo appena acquisito un vecchio edificio industriale: per il futuro sarebbe bello portarne alcuni più vicino a noi». Intanto il traguardo vicino potrebbe essere una nuova collaborazione, questa volta artistica: «Ci porterà per la prima volta oltre oceano. Ma il nostro cuore rimane qui».