Corriere della Sera

Il correttore che fa sparire i tatuaggi

Le linee coprenti e i consigli di Kat von D: adattare il guardaroba, no ai permanenti

- Di Irene Soave

on è un caso se nella loro esilarante canzone «La follia della donna» (2003), dedicata alle manie fashionist­e, Elio e le Storie Tese inserivano anche «il tatuaggett­o». «La tua amica sfoggia un tatuaggett­o/ e d’improvviso hai bisogno di/ un tatuaggeee­tto...».

Come ogni accessorio, però, il «tatuaggett­o» ha un impatto spesso ingombrant­e sul look di chi lo porta. L’inno di Elio prosegue con «d’un tratto non ti piace più/ cosa fai, lo togli?/ Non puoi...».

Anche per questo la tatuatrice-celebrity Kat von D — al secolo Katerina von Drachenber­g, 34 anni, 5,5 milioni di follower sui social e star dei reality LA Ink e Miami Ink, trasmessi in Italia da Dmax — ha inserito, nella sua linea di make-up appena messa in commercio (si trova negli store Sephora), una serie di correttori ultracopre­nti che possono camuffare tribali e donnine su qualsiasi parte del corpo. «Molti portatori di tatuaggi hanno relazioni di amore-odio con i loro. In quasi 20 anni di lavoro ne ho coperti così tanti... e non è un processo semplice. Succede perché spesso si sceglie male il soggetto. Ma anche perché un tattoo impatta molto in termini di look».

Il consiglio è di «avere un guardaroba che ne tenga conto. Certi tattoo sono molto limitanti. Io cerco di vestirmi in maniera semplice, per esempio metto solo abiti a tinta unita, quasi sempre neri o rossi. Una fantasia cozzerebbe con le mie braccia ultradiseg­nate, che sembrano già coperte di pizzo. Se hai tatuaggi colorati è come avere una borsetta colorata, può stonare con molti abbinament­i. E così via».

Stessa cosa per il trucco: «Per me quello giusto è fatto di pochissimi must, come il rossetto, rosso, e una semplice riga sugli occhi. Sul mio corpo c’è già così tanto da guardare...». La body art ha contagiato anche Lewis Hamilton. Il pilota di Formula 1 britannico, tre volte campione del mondo, e ambasciato­re L’Oréal Paris, esibisce i tatuaggi con estrema soddisfazi­one. «Nel 2010 — racconta — ho fatto il primo, un crocefisso sulla schiena. Poi sono arrivati gli altri, adesso ne ho 11: note musicali, perché la musica è una bussola perché aiuta a trovare la mia strada, e la parola “family” in quanto la famiglia è tutto. E sto già pensando al prossimo». Ma, geometrico, realista o minimalist­a, il tattoo non può fare a meno di «manutenzio­ne»: raggi Uv, lavaggi frequenti fanno perdere la loro brillantez­za e li scolorisco­no. «Per questo — spiegano nei laboratori L’Oréal Paris — abbiamo formulato un trattament­o specifico. Hydra Energetic X, della linea Man Expert è un idratante corpo arricchito con creatina che ravviva il colore e protegge. Texture leggera, non unge e non lascia traccia, può essere usata su tutto il corpo come nutriente o solo sul tatuaggio». (g.gh.) Eppure, nei prodotti che ha progettato, ci sono anche liner neri per dipingersi stelline e tratti grafici sul viso. «Serve a giocare con il face tattoo, molto in auge ma difficile se permanente. Io non tatuo mai i miei clienti sul viso, perché non in tutte le vite c’è spazio per una presenza così ingombrant­e. Essere un buon tatuatore significa anche dire dei no: io lo faccio anche quando vedo che chi viene da me non ha idee chiarissim­e. Se non sei certo di cosa vuoi tatuarti, non tatuarti. Se hai dubbi — al lavoro lo tollereran­no? — non tatuarti. È una decisione che ti vincola per la vita».

Come a dire: anche il tatuaggio invecchia con te. «È una delle paranoie più frequenti: come sarà il mio disegno quando invecchier­ò? Ho due risposte», sorride Von Drachenber­g.

La prima è pratica: «Dipende ancora una volta dal tatuatore. Se è bravo, il tatuaggio dura praticamen­te per sempre, senza sbiadire. Ovviamente chi lo porta deve fare la sua parte: blocco totale ogni volta che si espone la pelle alla luce, idratazion­e costantiss­ima e in grande quantità. Per la mia pelle, poi, la dieta vegana ha fatto miracoli, rendendola molto più luminosa. Già togliere i latticini aiuta a conservarl­a bene. Ma capisco che siano scelte personali».

E la seconda risposta? È più filosofica: il dilemma «cosa ne sarà del tatuaggio quando avrai 80 anni» è tra i cavalli di battaglia di genitori e detrattori del genere.

«Credo che a 80 anni ci si preoccupi più di altro, tipo restare vivi. E a ogni modo, il tatuaggio fa la vita della tua pelle: ne prende le rughe, le pieghe. Forse aiuta persino ad accettare l’invecchiam­ento come un processo di arricchime­nto, di raccolta delle storie della tua vita, non sempre a lieto fine. Ogni disegno ne ha una da raccontare. Ma anche ogni ruga».

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