Il musicista Keanu Reeves
«Perché stupirsi della mia partecipazione a Sanremo? Ho un passato da bassista e amo qualsiasi genere»
Verso il Festival L’attore ospite della rassegna «Mi divertirò e cercherò di far divertire anche il pubblico»
Che cosa farà a Sanremo l’hacker Neo di Matrix, nonché il principe Siddharta nel Piccolo Buddha di Bertolucci e il surfista di Point Break, ossia Keanu Reeves?
«Mi divertirò e cercherò di far divertire il pubblico — risponde l’attore 52enne —. Perché stupirsi di questa mia scelta? La musica fa parte da sempre della mia vita, ho suonato il basso in due band e, anche se mi sono lasciato alle spalle la possibilità di una carriera musicale, le note, le assonanze, le armonie della musica accompagnano ogni giorno della mia esistenza». Naturalmente Keanu troverà il modo anche di parlare dei nuovi film che lo vedono protagonista: To the Bone, al fianco di Lily Collins, e John Wick 2, in cui torna a interpretare il ruolo di un implacabile sicario. E questa volta lo scenario delle sue azioni è Roma.
«Città — dice — dove ritorno sempre volentieri e in questa occasione, dato che sono presenti nel cast, ho fatto amicizia con alcuni vostri attori, Riccardo Scamarcio, Claudia Gerini e altri. La vita a Los Angeles ti isola a causa delle grandi distanze della metropoli; l’essere a Roma e, in generale in Italia, ti rende conviviale e parte di una collettività». Attore e uomo riservato, e dai molteplici interessi, ha scritto un piccolo libro di poesie; il suo hobby sono i viaggi in moto «perché amo il contatto con la natura e mi piace essere accarezzato dal vento». La annoiano le commedie americane di oggi?
«Non mi piace dare giudizi e sono attento ai fenomeni popolari. Penso che, ad esempio, ne rappresenti uno preciso il vostro Festival di musica».
Che cosa ricorda del suo avvocato Jonathan nel «Dracula» di Coppola, del suo ragazzo
sbandato e che si vendeva in «Belli e dannati» di Gus Van Sant?
«Molte immagini, momenti, incontri. Il cinema ti offre contatti di ogni tipo, resta a mio parere un vero media attraverso cui generazioni diverse possono comunicare».
Parlerà dei suoi gusti musicali sul palcoscenico di Sanremo?
«Non soltanto, visto che sono musicalmente onnivoro e che ho sangue contaminato dalla musica perché discendo, da parte di padre, da una famiglia di musicisti della Repubblica di Venezia. Ma sono anche un uomo di buone letture e il mio scrittore prediletto resta sempre Hemingway, insieme a quel gigante che è stato Dostoevskij. Mentre Bob Dylan il poeta continua ad occupare il primo posto nelle mie preferenze musicali».
Se dovesse scegliere un film preferito quale indicherebbe?
«Sempre e ancora Harold e Maude di Hal Ashby, una vera commedia di vita e sentimenti del cinema americano. Tra i miei film di culto ci sono anche Scarpette rosse, sul difficile binomio arte e vita, e Amanti perduti di Marcel Carné».
Ha qualcosa da dire contro le commedie sboccate e sopra le righe di oggi?
«Come ho detto, non mi piace dare giudizi. Tuttavia, nei fenomeni di costume popolari ci sono sempre spunti sociali; magari sopra le righe, ma interessanti. Diciamo che, personalmente, preferisco un altro tipo di cinema e mi piace da attore passare da un genere all’altro. Prediligo gli stand-up comedian, dai grandi del passato — penso a Bill Cosby, Richard Pryor e naturalmente Woody Allen —, ai più giovani e recenti che, con ironia intelligente e autentica sul costume Usa, si esibiscono nei club di Sunset Boulevard».
È stato diretto da grandi registi, ha interpretato blockbuster e film indie di valore. Oggi con chi vorrebbe lavorare?
«Penso soprattutto a David Lynch e Paul Verhoeven, di cui mi è molto piaciuto Elle, un vero thriller psicologico, una esplorazione della psiche femminile e non solo».
Cosa si aspetta dall’Ariston?
«Sarà divertente e impegnativo essere a Sanremo, incontrare talenti musicali, assistere al plauso e alle attese del pubblico. La vita è una gran cosa ed è bene ricordarsene ogni giorno e non lasciarsela mai sfuggire».
Quando sono in Italia mi sento conviviale e parte di una collettività La vita a Los Angeles invece porta alla solitudine