Gabbani: a Sanremo prendo in giro chi vive con superficialità
«Essere nei Big è la mia seconda vittoria». Promosso dopo la vittoria fra i Giovani lo scorso anno, uno dei tre brani (con Bernabei e Michielin) ad aver visto le classifiche di vendita e delle radio nel flop generale dello scorso anno, Francesco Gabbani torna al Festival. «Sono orgoglioso di essere sullo stesso palco di Al Bano e Fiorella Mannoia, spero di far vedere chi sono», dice il cantautore carrarese in gara con «Occidentali’s Karma», aperitivo di un album ancora in lavorazione che uscirà a maggio. Chi è Francesco Gabbani? «Musicalmente faccio quello che sono nella vita. La musica è stata la mia costante di espressione. Non faccio nulla di nuovo, propongo un mix di quello che mi ha influenzato, dalla tromba di Chet Baker a Rihanna, cercando di dargli un carattere gabbaniano».
«Occidentali’s Karma» è un pezzo che incrocia il filosofeggiare per immagini di Battiato con l’ironia che già Francesco portò l’anno scorso con «Amen». Nel testo prende in giro l’ossessione moderna del «dove essere», l’abuso di selfie, una spiritualità che è solo di facciata. «Vorrei stimolare una riflessione sul modo di vivere dei nostri tempi. Siamo talmente oppressi da un modo di vivere superficiale che cerchiamo una serenità spirituale rivolgendoci alle pratiche orientali, ma alla fine le occidentalizziamo. Facciamo yoga, ma guai a non avere la tenuta giusta… Sono affascinato dalle filosofie zen, ma nella nostra quotidianità sono difficili da praticare rispettandone i principi originali». Dopo «Amen» ritorna sul tema della spiritualità. «Siamo esseri evoluti ma “chi siamo?” resta la domanda».
Il successo gli è arrivato addosso oltre i 30 anni. «Solo con “Amen” ho iniziato a vivere di musica. Era un momento in cui iniziavo a farmi domande se avesse un senso andare avanti. È un valore aggiunto perché l’aver continuato dimostra quanto sia veramente una passione. Prima lavoravo nel negozio di strumenti musicali di mio padre a Carrara». Nella sua carriera più che porte in faccia ci sono state occasioni che non si sono concretizzate. «Ho sempre trovato persone che credevano nel mio progetto. A 19 anni feci un album per una major con una band che si chiamava Trikobalto. Poi registrammo un disco in Francia. La delusione arrivava quando le radio non sostenevano la nostra musica. Erano lavori buoni, ma mancava qualcosa per chiudere il cerchio».
Oltre la musica che c’è? «Mi conquista il contatto con la natura, vado spesso nei boschi sulle Apuane. Alla mondanità preferisco i silenzi».