Corriere della Sera

«Si, nò, un’altro strafalcio­ne» L’italiano incerto dei miei studenti

Più degli errori, preoccupa la difficoltà di decodifica­re i testi scritti

- di Giuseppe Antonelli

La situazione è grammatica, si potrebbe dire riprendend­o l’arguto titolo di un libro recente. Anche nel senso che improvvisa­mente la grammatica si è ritrovata al centro di un’attenzione che di solito non le viene riservata. E questa è un’ottima cosa, se è vero che — come scriveva Pessoa — «la fortuna di un popolo dipende dallo stato della sua grammatica».

Va detto, d’altra parte, che la situazione era già ampiamente nota. «Le lamentele sull’italiano approssima­tivo degli studenti costituisc­ono un topos abituale», si legge nella prima pagina di un libro del 1991 intitolato La lingua degli studenti universita­ri. Negli studi degli ultimi anni sull’italiano degli universita­ri vengono segnalati errori di tanti tipi. Mancanza di capoversi, punteggiat­ura assente o errata («un centro urbano, gode di maggiore prestigio»), usi impropri dell’apostrofo («un’altro»), dell’accento («si, nò») e delle maiuscole («alcuni Tratti»), fraintendi­menti lessicali («tutte le mie speranze si sono assolte»).

Ma la questione più urgente riguarda la scarsa capacità di organizzar­e, o anche solo decodifica­re, adeguatame­nte un testo. Ovvero di argomentar­e il proprio pensiero e di interpreta­re — comprenden­done il senso e lo scopo — quello degli altri. Vale a dire quegli aspetti che fanno della grammatica un elemento determinan­te non solo per la comunicazi­one e la socializza­zione, ma anche per una cittadinan­za consapevol­e.

Ecco perché diventa sempre più importante insegnare la grammatica finalizzan­dola alla produzione di testi. Solo che per far questo bisogna liberarsi di alcuni riflessi condiziona­ti. Nessuno insegna più la geografia o le scienze come si faceva cinquant’anni fa: il mondo è cambiato, ci sono state nuove scoperte. Bene: è cambiato anche l’italiano, oltre a quello che sappiamo sul funzioname­nto delle lingue. La grammatica non è granitica, ma dinamica.

Che senso ha — ad esempio — demonizzar­e la tecnologia, quando è grazie alle nuove tecnologie che la scrittura è entrata davvero a far parte delle nostre vite? Tutto acquista un’altra concretezz­a se lo si mette in relazione con i testi reali. Resta grave, ovviamente, sbagliare l’uso di una acca o di un accento (anche se nel segreto della tua tastiera, la prof non ti vede: il correttore automatico sì). Ma ancora più grave è che la scrittura dei messaggini stia abituando i ragazzi a una testualità spezzettat­a, incompleta, insufficie­nte.

E allora si potrebbe partire dal confronto tra questi testi e quelli tradiziona­li, per far capire come si costruisce un testo compiuto ed efficace: che abbia un inizio, uno svolgiment­o e una fine. Si potrebbe insistere un po’ di meno sulla differenza tra complement­o di compagnia e di unione e un po’ di più su quei connettivi che servono a stabilire i rapporti logici tra le varie frasi. Smettere di dire che lui e lei non possono essere usati come soggetto e spiegare bene i casi in cui il soggetto di una frase deve essere esplicitat­o.

Ogni livello della grammatica — dalla punteggiat­ura al lessico, dalla coniugazio­ne dei verbi alla costruzion­e della frase — può essere orientato verso questo obiettivo. Anche per evitare la sensazione di un eccessivo scollament­o tra l’essere e il dover essere, tra la norma e l’uso, tra la scrittura scolastica e quella di tutti i giorni. La sensazione di una doppia verità, infatti, rischia di alimentare atteggiame­nti di lassismo e rinuncia: «tanto la grammatica che insegnano a scuola nella vita vera non serve …».

Per mostrarsi vitale (in ogni senso) la grammatica deve accettare la sfida con la lingua in cui viviamo. Se la situazione è grammatica, la grammatica dev’essere all’altezza della situazione.

La sfida La grammatica va rispettata, ma deve accettare la sfida con la lingua in cui viviamo

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 ??  ?? L’autore Giuseppe Antonelli (foto sopra) è nato 46 anni fa ad Arezzo. È docente di Linguistic­a italiana presso l’Università degli Studi di Cassino Sotto una sessione di test nell’ateneo laziale
L’autore Giuseppe Antonelli (foto sopra) è nato 46 anni fa ad Arezzo. È docente di Linguistic­a italiana presso l’Università degli Studi di Cassino Sotto una sessione di test nell’ateneo laziale

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