«Il mio Martini visto con Olmi È la religione dell’uomo»
Nel realizzare con Olmi la sceneggiatura di «Vedete, sono uno di voi» ho potuto toccare con mano una somiglianza profonda tra il regista e Martini: la passione per l’uomo. Un poeta e un principe della Chiesa accomunati dal bisogno di interiorità che ci abita anche se non lo riconosciamo, dal desiderio di momenti di silenzio, di ascolto di se stessi per prestare attenzione agli altri. È la religione dell’uomo, è quella in cui poi Dio può piantare la sua tenda. È stata una lezione andata oltre l’esperienza di arcivescovo quella di Martini. Dalla lunga frequentazione che ho Olmi e, sullo sfondo, Martini
avuto con lui (l’ho seguito per il Corriere della Sera dagli inizi) ho imparato che quanto più scendi nel tuo intimo e cerchi Dio con onestà, tanto più ti avvicini all’uomo; e quanto più investi nell’umanità dell’uomo e della donna tanto più riesci a intravedere scintille di eterno, di infinito, di assoluto in gesti, voci, sentimenti. La separatezza tra i due universi è figlia di insicurezze, bisogni di controllo e di potere. Proiettiamo nostre parti scomode sugli altri. Sentimenti e vissuti simili ho ritrovato in Olmi. Fin dalle origini la sua poetica è fatta di acutezza nell’osservare lavoro, fatica umile, natura, terra, stagioni, passioni, contraddizioni dei desideri. Lavorando con Olmi su Martini ho visto l’arte purificarsi, trasformare i documenti in storia, i drammi in catarsi, la ribellione verso le ingiustizie in una domanda: che cosa facciamo noi per cambiare le cose, quali responsabilità ci assumiamo per «amare la democrazia». Una corrispondenza intima e un’eco lontana che è attualità cocente. Nell’ultima intervista sul Corriere Martini chiedeva al suo interlocutore: «E tu che cosa fai per la Chiesa?». Nei lunghi soggiorni ad Asiago, nelle riprese a Gallarate, Torino, Orbassano, Milano stretto tra Olmi e Martini ho sentito forte che nulla sarà più come prima se saremo noi i primi a volerlo. E a comportarci con coerenza.