Inno alla diversità Il messaggio (politico) di Raf Simons
Le sfilate di New York L’ex stilista di Dior convince da Calvin Klein: cappotti avvolti nella plastica e colori della bandiera americana. Il mix culturale di Desigual e il megashow di Hilfiger a Los Angeles. «Le sfilate? Noiose»
Sventola idealmente su queste passerelle la bandiera americana. Il senso di appartenenza, di accoglienza e convivenza delle diversità. Un messaggio «politico» sottinteso, ma non dichiarato anche se sarebbe naturale ma forse poco chic in un mondo che vive di mercato e consenso. Però meglio così piuttosto che far finta di nulla. Così Raf Simons esordisce da Calvin Klein con una parade di very american style dove c’è tanto di quella libertà di essere degli individui. L’installazione di Sterling Ruby dedicata alla diversità introduce il tema, in colori e materiali. Tanto bianco, rosso e blu che fa bandiera Usa. C’è persino un abito a stelle e strisce. Poi le uniformi da lavoro molto donna in carriera ma riviste in chiave minimal, leggera e over size. Giacca maschile e gonna a tubo. Pantaloni
uniforme con le bande e stivali da cowboy. Ciò che è per lei è anche per lui, retaggio dell’unisex. Camicia di jeans cinque tasche dalle nuove etichette. Riecco il giubbotto di denim che è vecchia America. Ed ogni pezzo è rieditato in pelle. Il futuro avvolge di plastica i cappotti di tweed e gli abiti di piume. Ci sono le tshirt di velo (trasparente) con le maniche di lana. È una collezione con tanta personalità, storia, modernità ed eleganza. Bravo Raf.
Finalmente California. Dopo tanto parlare e ispirare Tommy Hilfiger sfila nel suo sogno, a Los Angeles. Novemila metri quadrati sulla spiaggia di Venice per allestire «Tommyland», un universo mondo fatto di shop e food e divertimento e concerti. Tremila persone invitate, una delle sfilate più grandi mai organizzate. Uno show per raccontare la moda che è già in boutique da oggi perché lo stilista ha sposato la politica del «see non, buy now», confidenzialmente «see&click», guarda e compra subito con un click. La scelta avrebbe portato la griffe ad aumentare del 25 per cento le vendite lo scorso inverno.
Dunque la collezione primavera estate, fatta di tutti quei pezzi che le ragazze oggi desiderano: jeans e bomber, short e t-shirt, gonnellone di chiffon e top, sandali e zeppe. Capi facili, mettibili, accessibili. La metà a firma Tommy, l’altra Gigi (Hadid), la «perfect american girl», dice lo stilista, perché è sportiva e glam, è alla mano ma risoluta, sa quello che vuole la gente però ha personalità. Ed è figlia del tempo: papà palestinese e mamma tedesca. Con fierezza indossa il bandana bianco al polso, «tied together», come tutte le modelle, a simbolo dell’unità fra le persone. Bianco, rosso e blu i colori primari della collezione, come da dna della griffe. Gli anni 69, 70 e 80 come attitudine. E una polo come riferimento di stile scovata nei meandri dell’uovo, il grande archivio in Brooklyn, dove sono
Tommy Hilfiger «Bisogna eccitare le nuove generazioni con cose entusiasmanti In Europa? Forse»
conservati tutti i pezzi della storia di Hilfiger. «La mia moda è pop culture! Le sfilate classiche sono noiose. Bisogna eccitare le nuove generazioni con cose nuove ed entusiasmanti. Oggi a Los Angeles, domani magari in Europa, dove stiamo andando bene».
Stessa spiaggia, stesse generazioni di riferimento e stessi colori nei contenuti della moda di Desigual. Le subculture di quegli anni ispirano e si mescolando cercando di attualizzarsi. Dai college al punk, dal genere hippy al casual. Ecco piume e giacche precise, vestiti ampi e pantaloni in tartan, cardigan e maglie tricot. E ancora la tuta con il cappotto o gli abiti Bon Ton con i polsini di maglia, le giacche con le maniche di chiffon o i jeans ricamati di tricot. Citazione e riferimenti che ricordano donne di temperamento: Marianna Faithfull, Blondie, Janis Joplin.
Diversamente prorompenti. Ma libere di essere ciò che volevano e di indossare quel che andava loro, senza compromessi.
Esordio newyorkese infine per La Perla, ora disegnata da Julia Haart. Due pittrici, la barocca Rachel Ruysch, e la preraffaellita, Lawrence Alma Tadema, l’ispirazione che ha portato la stilista a disegnare tralci di rose sui baveri delle giacche o a ricamarli di paillette sulle vesti. La lingerie, naturalmente, attraversa la collezione «fondendosi» con gli abiti, dando sostegno e forma. Camicie e t-shirt e lunghi si possono indossare senza reggiseno. Novità dedicata alla fondatrice di La Perla, Ada Masotti, la 1954 bag che per chiusura ha il gancio reggicalze.
La Perla La lingerie attraversa la collezione fondendosi con gli abiti, da portare senza reggiseno