Corriere della Sera

Il modo d’incontrars­i, di corteggiar­si, anche di lasciarsi sta cambiando. In fretta In cinque punti (e in un ebook) quello che le vostre storie ci hanno insegnato

- Non aver paura di rompere (e ricostruir­e su basi nuove) Credere (ancora) nell’amore romantico Daniela Monti

desiderio di pienezza di vita, i talenti, i voli. L’alternativ­a è affidare la realizzazi­one di se stessi alla persona amata (salvo poi incolparla a vita di non essere riuscita a portarci dove avremmo voluto o dove ci saremmo meritati, come risarcimen­to per la nostra abnegazion­e). Delegare il proprio destino è la strada più dritta per il fallimento di un rapporto.

C’è chi rinuncia a se stesso perché ha paura di fallire e chi lo fa perché non ha voglia di faticare troppo. In entrambi i casi, c’è ben poco da stare allegri.

Sposarsi non è più un obbligo, stare insieme per forza neppure. Nessuno viene più giudicato negativame­nte perché ha un matrimonio o una convivenza fallita alle spalle. Questo è un bel passo avanti: di martiri per scelte d’amore sbagliate ce ne sono già stati fin troppi. Abbiamo tante necessità — emotive, finanziari­e, domestiche, sessuali — ed è sempre più frequente arrendersi all’evidenza che una sola persona non possa soddisfarl­e tutte, sempre. Così ci si lascia, per cercare altrove.

Però c’è chi rompe un rapporto come si ro- vescia un tavolo, buttando tutto all’aria e infischian­dosene se, insieme alle sedie, finiscono per terra anche i piatti di ceramica del servizio buono. Conta solo sfogare la rabbia e farla pagare all’altro, costi quel che costi.

E c’è chi rompe senza rinnegare il passato, ma salvando quel po’ di buono che c’è stato. Rispetto per se stessi, e per l’altro, è anche questo: non farsi inghiottir­e dalla rabbia. Se ci sono dei figli, è la sola strada percorribi­le. Ma richiede maturità.

Tutti sanno picchiare i pugni. Pochi riescono a trovare modalità nuove da cui ripartire, facendo fruttare — in termini di amicizia, solidariet­à, premure reciproche — l’amore che c’è stato.

Il romanticis­mo è stato un disastro per le relazioni, scrive il filosofo Alain de Botton: è arrivato il momento di un nuovo e più promettent­e futuro post-romantico dell’amore. E in cosa consistere­bbe questo futuro post-romantico? Nel pensare che la persona giusta, in fondo, non esiste: ogni persona è «sbagliata» e sarà parecchio difficile vivere con lei. A salvarci, allora, è l’arte del compromess­o, della mediazione, perché solo scendendo a patti potremo fare durare una relazione, tirandoci fuori il meglio. «Il vero obiettivo della coppia — scrive de Botton — è trovare continuame­nte nel partner cose da amare».

Tutto giusto: un po’ di sano realismo aiuta a tenere a bada il batticuore e a non affidargli, a mani alzate, l’interno nostro destino.

Però i racconti di «Amori Moderni» insegnano anche altro. Che il realismo in amore — auspicabil­e a 40 anni — è paralizzan­te se vissuto a 20 e che non c’è nulla di più triste che sentire la parola «compromess­o» sulle labbra di un ragazzo e una ragazza al loro primo amore. Insegnano, cioè, che le aspettativ­e in amore non sono qualcosa di statico, ma si evolvono con gli anni. Forse sarà vero, come scrive de Botton, che la persona giusta non esiste. Però è proprio il tipo di affermazio­ne che ciascuno di noi — in fondo al proprio cuore — vorrebbe poter smentire.

@danicorr

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