Crisi greca, progressi ma nessuna intesa I tassi tornano a calare
Troika ad Atene la settimana prossima
Nonostante il brusco calo del rendimento dei bond greci a scadenza biennale, sceso ieri fino all’8,59% dal 10% del giorno precedente (il livello più alto degli ultimi 8 mesi), la Grecia e i suoi creditori internazionali non hanno ancora trovato un accordo sulle nuove misure che il governo di Atene deve adottare per ottenere la prossima tranche di aiuti prevista dal (terzo) salvataggio da 86 miliardi. Ma «abbiamo fatto progressi sostanziali e siamo vicino a un terreno comune per la missione ad Atene la prossima settimana» della Troika (Commissione Ue, Bce, Fmi più Esm), ha dichiarato il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem al termine della riunione di emergenza convocata ieri pomeriggio a Bruxelles, dopo il compromesso raggiunto tra i creditori europei e il Fondo monetario internazionale sulle richieste da avanzare ad Atene, un incontro al quale ha partecipato anche il ministro delle Finanze greche Euclid Tsakalotos e il numero uno del Meccanismo europeo di stabilità (Esm), Klaus Regling.
Toccherà poi ai ministri delle Finanze dalla zona euro, nella riunione del 20 febbraio — ha aggiunto Dijsselbloem — fare «il punto degli ulteriori progressi della seconda verifica del programma». L’ultima occasione per trovare un’intesa e sbloccare il pagamento di 7 miliardi, prima della tornata elettorale, che scatterà con le elezioni politiche in Olanda, il 15 marzo, seguite dalle presidenziali in Francia e, in autunno, dal voto in Germania.
L’Europa chiede ad Atene di raggiungere un surplus primario (che esclude cioè le spese per gli interessi sul debito pubblico) del 3,5% sul Pil. Secondo il Fmi però la Grecia può arrivare solo all’1,5% l’anno prossimo e quelli seguenti. Da qui la necessità di nuove misure per centrare i target Ue. Secondo fonti elleniche, i creditori puntano a 1,8 miliardi di nuovi provvedimenti fino al 2018 e altri 1,8 miliardi dopo il 2018, da reperire allargando la base imponibile e con nuovi tagli alle pensioni. Sul tappeto resta poi la questione sul del debito pubblico, oggi al 179% del Pil: il Fmi lo ritiene insostenibile e chiede all’Europa un «alleggerimento» scontrandosi però con Berlino.