Goggia lascia a metà il capolavoro Fill & Paris pronti a una pazza discesa
Sofia in testa nella libera, inforca nello slalom e rovina la combinata: Brignone la snobba
Una medaglia risucchiata dalla trama di questo Mondiale, tremenda con Lara Gut — ginocchio sinistro saltato, stagione finita per la stella designata di St. Moritz 2017 — ma sempre perfida con l’Italia: lo zero non si schioda. Sofia Goggia passa dal primato nella discesa al bastoncino che le si pianta tra gli sci e che, dopo sei porte, «uccide» la sua manche di slalom della combinata e il sogno del podio. «Una mazzata micidiale? No, nulla è più pesante della sconfitta dell’altro giorno in superG» dice Sofi dopo l’abbraccio con la slovena Stuhec, seconda in libera ma capitombolata nel suo stesso punto tra i rapid gates. Il volto è provato, forse ci sono state le lacrime: ci sta, «però stavolta non sono delusa da me stessa, è un passo in avanti nell’atteggiamento». A noi viene invece da usare il linguaggio di Twitter: hashtag e «maiunagioia».
Il pensiero corre già alla discesa di oggi, per la quale le riflessioni non sono rosee: nevica, governo ladro, e questo non è il massimo per le caratteristiche dei nostri; inoltre, riusciranno Peter Fill e Dominik Paris (tolto Emanuele Buzzi dal quartetto, Mattia Casse è solo outsider) a domare i «su e giù» della pista del Corviglia, schiene d’asino sulle quali rischi di fare la figura del somaro? I ragionamenti cupi rimbombano mentre la Svizzera passa, in modo surreale, dal dramma della Gut alla doppietta delle amiche Wendy Holdener e Michelle Gisin sull’austriaca Kirchgasser: la veterana Michaela, prossima all’addio, precede un’altra elvetica (la Feierabend) e una Vonn tutt’altro che Wonder Woman, incassando il secondo bronzo di fila nelle «combi» iridate. Per gli italiani ci sono invece le frasi un po’ così di Federica Brignone, settima e azzurra meglio piazzata (sette posizioni rimontate). Spiega di essersi incavolata per non aver trovato il sole nella libera e poi con «se stessa per non aver fatto la differenza in discesa rispetto alle slalomiste». Ma poi Federica deraglia assistendo al tonfo della Goggia. «Hanno vinto le migliori», afferma a caldo aggiungendo un «ero a 1’’60 dalla prima» — nome e cognome?, ndr – al riassunto finale: «Un applauso alle svizzere che hanno vinto davanti al loro pubblico, come a Plan de Corones abbiamo fatto io e Marta (la Bassino invece è citata, ndr). Adesso vado in ritiro spirituale a Madesimo». Sarà anche quello che sbuca dall’animo di Federica (evviva la sincerità, da un lato), ma non è sfuggita la mancanza di delicatezza verso la compagna. Il cameratismo è mai nato o è morto?
Vabbé, torniamo alla Goggia e all’immagine di quel bastone che tradisce. «Ero arrivata lunga, ma ce l’avrei fatta a recuperare. Il polso si è girato: è stata una frazione di secondo e non ho ripreso la traiettoria. Sfortuna? Un errore, la sfortuna non esiste. E vi assicuro che non avevo pressioni: aver vinto la libera non aveva aggiunto tensioni per lo slalom».
Il ricordo di una bella discesa alza le quotazioni di Sofia per domani («Ho ancora aspetti da limare e cercherò di essere libera di testa»), ma prima di tutto si lega alla missione odierna dei maschi. Sarà la volta buona? Solo se Dominik Paris uscirà dallo stallo nei rapporti personali con la pista («Ci proverò in qualche modo...») e se Peter Fill tradurrà nei fatti propositi battaglieri: «Bisognerà rischiare in ogni punto». Manderemo in gara tute high-tech, con un’apertura sulla schiena che migliora il coefficiente aerodinamico e la spinta in avanti. In Coppa del Mondo funzionano, qui speriamo che diventino come il mantello di Batman. Per volare finalmente verso il podio.