Come si decidono le patologie da controllare nei bebè
hi fa screening neonatale esteso, nel mondo, valuta in media dalle trenta alle cinquanta malattie: in Toscana sono quarantotto, il “pannello” più ampio di tutta Europa.
Le circa 40 proposte dalla legge 167/2016 sono una ragionevole via di mezzo, ma come sono state scelte visto che le patologie metaboliche congenite sono oltre 600 e quelle rare più di 6 mila?
«I test si fanno a 48-72 ore dalla nascita in assenza di sintomi: l’obiettivo è trovare le malattie prima che diano manifestazioni cliniche perché spesso dopo i danni sono irrimediabili — spiega Giancarlo La Marca, vicepresidente SimMesn —. La diagnosi precoce implica poter intervenire con una cura: primo requisito per entrare nel pannello di patologie soggette a screening, quindi, è la disponibilità di terapie che se non sono risolutive almeno modifichino aspettativa e qualità di vita. La malattia poi non deve essere estremamente rara e il test accurato, applicabile a tutta la popolazione e di costo contenuto. Molte altre patologie oltre alle 40 previste rispettano la maggior parte dei criteri, ma non è semplice inserirle nei test, specialmente se le spese per le successive cure dei bimbi diagnosticati sono molto alte». rima di arrivare alla terapia genica serve una diagnosi. Accurata, precisa e soprattutto tempestiva: le malattie per cui è più utile correggere il nostro “manuale di istruzioni” hanno spesso conseguenze devastanti da cui non si può tornare indietro, se non si interviene prima possibile per eliminare il difetto e i suoi effetti nell’organismo. Da qui la necessità di uno screening neonatale allargato come quello previsto dalla legge 167/2016 varata lo scorso settembre, che ha portato da tre a circa quaranta le patologie da indagare con un prelievo di sangue alla nascita.
Tutto a posto, allora? Purtroppo no, perché, come spiega Giancarlo la Marca, responsabile del Laboratorio di Screening Neonatale dell’Ospedale Pediatrico Meyer di Firenze e vicepresidente della Società Italiana per lo Studio delle Malattie Metaboliche Ereditarie e lo Screening Neonatale (SIMMESN), «manca il decreto attuativo, per cui di fatto tuttora vige la legge 104/1992 che prevede lo screening obbligatorio solo per fibrosi cistica, fenilchetonuria e ipotiroidismo congenito. A metà novembre tuttavia è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale un Decreto Ministeriale che ricalca molti elementi della nuova legge ed è già operativo: entro il 17 febbraio le Regioni che accederanno ai finanziamenti per gli screening (oltre 25 milioni di euro, ndr) dovranno adeguarsi alle richieste ed essere in grado di eseguire i quaranta test del pannello allargato».
A oggi, come denuncia la Società Italiana di Neonatologia, solo il 50 per cento dei neonati viene effettivamente sottoposto allo screening per le malattie metaboliche e c’è un grosso divario fra Regioni, specialmente fra nord e sud del Paese.
«Esistono disparità territoriali enormi, che discriminano i bimbi a seconda della Regione o addirittura dell’ospedale in cui nascono — osserva Mauro
È il caso delle malattie da accumulo lisosomiale, in cui l’assenza di un enzima provoca un’anomala concentrazione di molecole tossiche nelle cellule causando danni gravi in tutti gli organi e spesso al sistema nervoso: le terapie esistono, come quella che prevede la somministrazione dell’enzima mancante in forma ricombinante con infusioni endovena ogni circa dieci giorni, ma ha effetti soprattutto sui sintomi periferici e può costare 3-400 milioni di euro l’anno a paziente, per cui c’è qualche “resistenza” a rendere disponibile lo screening.