Corriere della Sera

Il karma di Gabbani, la scimmia che balla

«Mio padre aveva un negozio di strumenti musicali e io suonavo la batteria. Tanta gavetta e delusioni Volevo lasciare, Sanremo ha cambiato il mio destino»

- di Emanuele Trevi alle pagine 36 e 37 Laffranchi, R.Franco

La svolta della vita a 35 anni: nel 2016 era stato il primo dei Giovani, ora il trionfo con i Big

È stato il picconator­e del Festival. Via la classica ballad d’amore, meglio un ritmo ballabile. Via la giacca (tranne che in finale) sostituita da pullover colorati. Francesco Gabbani, vincitore di Sanremo, ha provato a cambiare le regole. E ha vinto facendo a meno di tutto quello che in 67 edizioni di storia ha rappresent­ato la ricetta vincente.

«Non mi sento l’emblema della rottamazio­ne. Preferisco pensarmi come espression­e musicale della canzone del tempo che viviamo. E per parlare di vero cambiament­o aspettiamo, almeno anche l’anno prossimo. Quello si capisce su un periodo più lungo», racconta.

Gabbani, 35 anni, è il primo artista della storia del Festival ad aver vinto in due edizioni consecutiv­e Giovani e Big. E dire che quattro-cinque anni fa stava per lasciare. «La musica è sempre stata la mia forma di espression­e, ma a un certo punto avevo pensato di mollare il colpo sull’idea di espormi artisticam­ente in prima persona. Pensavo di continuare a fare musica come autore. Poi, quasi per gioco, è arrivato il Sanremo dello scorso anno e con “Amen” le cose sono cambiate. C’è stata una combinazio­ne astrale: forse era il mio karma».

Il Gabbani privato si racconta come un ragazzo schivo. «Preferisco stare lontano dalla mondanità. Amo i silenzi delle montagne e della natura. Appena posso vado a fare passeggiat­e sulle Alpi Apuane o a sciare. Il mio sogno è vivere in una casa in Alta Badia con uno studio di registrazi­one con una finestra da cui guardare i gruppi dolomitici».

Il suo mondo sentimenta­le resta un mistero. Comincerà presto l’assalto dei paparazzi. «Per il momento preferisco tenere riservato tutto quello che riguarda la mia dimensione privata. Mi serve anche per stare con i piedi per terra».

La popolarità è arrivata tardi. Prima ci aveva provato, e non era andata benissimo, con una band, i Trikobalto e anche come solista. L’autore continua a farlo. Lo scorso anno ha scritto anche per Adriano Celentano e Francesco Renga.

«Ora sono concentrat­o sul mio album che dovrebbe uscire a primavera. Avrà la stessa leggerezza di “Occidental­i’s Karma”». Quel sentimento è stato anche la chiave del successo del brano. Una risposta al momento che sta vivendo l’Italia? «Mi sembra che ci sia voglia di uscire da un’epoca cupa. L’ironia del brano è coerente con questa voglia di guardare avanti con positività». La canzone vincitrice contiene gli ingredient­i tipici del tormentone. Leggera e fresca con quelle tastiere anni Ottanta, il testo che gioca con ironia fra filastrocc­a e citazioni alte.

E poi il colpo del balletto con lo scimmione perfetto per il momento aperitivo dei villaggi. «Non ho mai avuto paura che la coreografi­a potesse sovrastare la forza della canzone. Volevo sdrammatiz­zare, ma sapevo che il brano avrebbe retto anche senza». Il gorilla è un richiamo al testo. «Mi ha colpito la lettura di La scimmia nuda di Desmond Morris. Siamo abituati a pensare all’essere umano come specie superiore ma dietro al nostro sviluppo intellettu­ale, questa la tesi, c’è la soddisfazi­one delle nostre esigenze animali». Nelle parole del brano ci sono tanti piccoli messaggi. «Le citazioni, quella di Morris come “panta rei”, sono l’esca per suscitare un approfondi­mento che può essere culturale o personale».

Niente amore. Per qualcuno è già una rivoluzion­e. «Non c’è ma il valore artistico non si giudica in termini di presenza o assenza di quel tema. Dovremmo iniziare a ragionare di canzoni belle e canzoni brutte».

L’ultimo colpo alla retorica sanremese è stato l’abbandono della giacca. L’ha messa soltanto sabato. «Qui siamo abituati a vedere eleganza e cura. I maglioni volevano essere un segnale di semplicità e allo stesso tempo provocare».

Va bene rottamare, ma al momento della proclamazi­one si è inginocchi­ato davanti a Fiorella Mannoia. «Mi è venuto in maniera sincera. Mi sentivo in imbarazzo, ho un grande rispetto per l’artista». E sempre sul palco era in lacrime. «Ho questo difetto della sensibilit­à. Mi emoziono facilmente. Anche adesso fatico a trattenerm­i».

Confessa di aver pianto anche l’anno scorso all’Ariston e di commuovers­i in concerto. «Sono cresciuto in una famiglia che mi ha sempre spinto a esprimere le emozioni».

Ambiente familiare che è stato la culla della sua passione musicale. Il padre ha un negozio di strumenti musicali a Carrara. «Ho iniziato suonando la batteria. E per un certo periodo ho anche lavorato nel negozio». La musica c’è stata sempre.

Il mio sogno è vivere in una casa in Alta Badia con una finestra da cui guardare il gruppo dolomitico Mi commuovo facilmente, sono cresciuto in una famiglia che mi ha spinto a esprimere le emozioni

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Con il trofeo Francesco Gabbani è nato a Carrara, in Toscana. Prima faceva parte di una band, poi ha tentato la carriera solista: il successo è arrivato a 35 anni. Ha scritto brani per Celentano e Francesco Renga
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Insieme Gabbani con il «gorilla» Filippo Ranaldi

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