Il karma di Gabbani, la scimmia che balla
«Mio padre aveva un negozio di strumenti musicali e io suonavo la batteria. Tanta gavetta e delusioni Volevo lasciare, Sanremo ha cambiato il mio destino»
La svolta della vita a 35 anni: nel 2016 era stato il primo dei Giovani, ora il trionfo con i Big
È stato il picconatore del Festival. Via la classica ballad d’amore, meglio un ritmo ballabile. Via la giacca (tranne che in finale) sostituita da pullover colorati. Francesco Gabbani, vincitore di Sanremo, ha provato a cambiare le regole. E ha vinto facendo a meno di tutto quello che in 67 edizioni di storia ha rappresentato la ricetta vincente.
«Non mi sento l’emblema della rottamazione. Preferisco pensarmi come espressione musicale della canzone del tempo che viviamo. E per parlare di vero cambiamento aspettiamo, almeno anche l’anno prossimo. Quello si capisce su un periodo più lungo», racconta.
Gabbani, 35 anni, è il primo artista della storia del Festival ad aver vinto in due edizioni consecutive Giovani e Big. E dire che quattro-cinque anni fa stava per lasciare. «La musica è sempre stata la mia forma di espressione, ma a un certo punto avevo pensato di mollare il colpo sull’idea di espormi artisticamente in prima persona. Pensavo di continuare a fare musica come autore. Poi, quasi per gioco, è arrivato il Sanremo dello scorso anno e con “Amen” le cose sono cambiate. C’è stata una combinazione astrale: forse era il mio karma».
Il Gabbani privato si racconta come un ragazzo schivo. «Preferisco stare lontano dalla mondanità. Amo i silenzi delle montagne e della natura. Appena posso vado a fare passeggiate sulle Alpi Apuane o a sciare. Il mio sogno è vivere in una casa in Alta Badia con uno studio di registrazione con una finestra da cui guardare i gruppi dolomitici».
Il suo mondo sentimentale resta un mistero. Comincerà presto l’assalto dei paparazzi. «Per il momento preferisco tenere riservato tutto quello che riguarda la mia dimensione privata. Mi serve anche per stare con i piedi per terra».
La popolarità è arrivata tardi. Prima ci aveva provato, e non era andata benissimo, con una band, i Trikobalto e anche come solista. L’autore continua a farlo. Lo scorso anno ha scritto anche per Adriano Celentano e Francesco Renga.
«Ora sono concentrato sul mio album che dovrebbe uscire a primavera. Avrà la stessa leggerezza di “Occidentali’s Karma”». Quel sentimento è stato anche la chiave del successo del brano. Una risposta al momento che sta vivendo l’Italia? «Mi sembra che ci sia voglia di uscire da un’epoca cupa. L’ironia del brano è coerente con questa voglia di guardare avanti con positività». La canzone vincitrice contiene gli ingredienti tipici del tormentone. Leggera e fresca con quelle tastiere anni Ottanta, il testo che gioca con ironia fra filastrocca e citazioni alte.
E poi il colpo del balletto con lo scimmione perfetto per il momento aperitivo dei villaggi. «Non ho mai avuto paura che la coreografia potesse sovrastare la forza della canzone. Volevo sdrammatizzare, ma sapevo che il brano avrebbe retto anche senza». Il gorilla è un richiamo al testo. «Mi ha colpito la lettura di La scimmia nuda di Desmond Morris. Siamo abituati a pensare all’essere umano come specie superiore ma dietro al nostro sviluppo intellettuale, questa la tesi, c’è la soddisfazione delle nostre esigenze animali». Nelle parole del brano ci sono tanti piccoli messaggi. «Le citazioni, quella di Morris come “panta rei”, sono l’esca per suscitare un approfondimento che può essere culturale o personale».
Niente amore. Per qualcuno è già una rivoluzione. «Non c’è ma il valore artistico non si giudica in termini di presenza o assenza di quel tema. Dovremmo iniziare a ragionare di canzoni belle e canzoni brutte».
L’ultimo colpo alla retorica sanremese è stato l’abbandono della giacca. L’ha messa soltanto sabato. «Qui siamo abituati a vedere eleganza e cura. I maglioni volevano essere un segnale di semplicità e allo stesso tempo provocare».
Va bene rottamare, ma al momento della proclamazione si è inginocchiato davanti a Fiorella Mannoia. «Mi è venuto in maniera sincera. Mi sentivo in imbarazzo, ho un grande rispetto per l’artista». E sempre sul palco era in lacrime. «Ho questo difetto della sensibilità. Mi emoziono facilmente. Anche adesso fatico a trattenermi».
Confessa di aver pianto anche l’anno scorso all’Ariston e di commuoversi in concerto. «Sono cresciuto in una famiglia che mi ha sempre spinto a esprimere le emozioni».
Ambiente familiare che è stato la culla della sua passione musicale. Il padre ha un negozio di strumenti musicali a Carrara. «Ho iniziato suonando la batteria. E per un certo periodo ho anche lavorato nel negozio». La musica c’è stata sempre.
Il mio sogno è vivere in una casa in Alta Badia con una finestra da cui guardare il gruppo dolomitico Mi commuovo facilmente, sono cresciuto in una famiglia che mi ha spinto a esprimere le emozioni