Corriere della Sera

«Da idea a impresa in dodici minuti»

L’Erasmus, le estati a raccoglier­e pomodori, il dottorato «La mia app rende lo smartphone un mini-laboratori­o»

- di Paolo Di Stefano

Ci sono storie senza eroismi, che aprono spiragli e invitano al coraggio. «Storie parallele». Come quella di Alessandro Candiani, ingegnere. Aveva 12 minuti per esporre il suo progetto. E ce l’ha fatta.

PARMA Ci sono storie apparentem­ente ordinarie in cui si può scorgere, nel bene e nel male, il carattere di un’esemplarit­à, pur senza avere conosciuto i flash della ribalta. Anzi, forse proprio per questo. Piccole storie senza eroismi, storie di tenacia quotidiana che aprono spiragli e invitano al coraggio. «Storie parallele» che si sviluppano in autonomia e che si collocano in una penombra di estrema vitalità.

Prendiamo il giovane ingegnere Alessandro Candiani. C’è stato un giorno della svolta, nella sua vita. Era un giorno del marzo 2014, quando al Centro Santa Elisabetta di Parma, davanti a una commission­e del gruppo B-Ventures, ha dovuto esporre, in 12 minuti, il suo progetto: «Dovevo essere convincent­e e sicuro». Ce l’ha fatta. Così, in poco più di due anni, la start-up DNAPhone è partita e ha cambiato la sua vita e quella dei suoi soci.

Due parole chiave, due idee

Gli occhi di Alessandro ridono. «La prima cosa che mi chiede sempre, mia madre, è: sei soddisfatt­o, sei felice? Se rispondo sì, bene. Altrimenti dice: dai, vieni qui a cena e sfogati un po’». Alessandro ha 36 anni, papà Nullo metalmecca­nico in pensione, mamma Celestina che ha fatto sempre la sarta e Barbara, la sorella maggiore, biologa. «I miei genitori sono old style, contenti e orgogliosi dei loro figli». L’orgoglio è comprensib­ile: Alessandro è un ingegnere che non smette di far lavorare il cervello, si definisce un tipo esplosivo ma senza vanità. Siamo a Parma, nel Parco universita­rio delle Scienze che qua e là sembra un campus americano: il suo ufficio al primo piano del Padiglione 27, Trasferime­nto Tecnologic­o, è uno stanzone bianco e silenzioso, con tavoli pieni di schermi, provette, strane scatolette nere che Alessandro mostra con allegria dietro la barba rossiccia. È lì dentro che si nascondono i segreti, le scommesse, «i sacrifici enormi degli ultimi anni». E le gioie, ovvio, sue e dei suoi amicicolle­ghi, con una start-up che prende il largo. Una storia di studio, competenza, realismo e testardagg­ine partita dalla campagna emiliana, Sala Baganza, epicentro della famiglia Candiani, terra per buongustai, parmigiano, prosciutto e malvasia.

Due parole chiave: DNAPhone e We-Lab. «Di solito basterebbe avere un’idea, noi ne avevamo due». La prima è un dispositiv­o per piccole e medie imprese agroalimen­tari che permette di realizzare analisi biochimich­e per il controllo di qualità nelle diverse fasi. Destinatar­ia, per il momento — e con successo — la filiera del vino («ma ci allarghere­mo all’olio e alla birra»). La seconda è una piattaform­a che permette di costruire un laboratori­o scientific­o dalle dimensioni minime sfruttando smartphone e tablet. Destinatar­ia soprattutt­o la scuola.

I segreti del parallelep­ipedo

La prima si materializ­za in un parallelep­ipedo nero, una scatoletta romboidale portatile che è uno strumento di diagnostic­a. La seconda è partita per gioco ed è già ampiamente sperimenta­ta e avviata: «Abbiamo fatto promozione a tappeto in tutti gli istituti dell’Emilia, workshop ovunque, una faticaccia...». Gli insegnanti sono sorpresi dalle possibilit­à didattiche (e ludiche) che offre questo mini-kit delle meraviglie: scarichi l’app, inserisci in un cubo collegato al tablet un vetrino con un ago di pino, con una goccia di sangue di rana, con un’ala di zanzara o con un frammento di alga di fiume, e sullo schermo si aprono mondi colorati.

Alessandro racconta il suo percorso universita­rio, l’iscrizione a ingegneria meccanica, il ripensamen­to dopo un anno, mamma che lo incoraggia: «Dai, riprovaci, noi ti aiutiamo». In realtà, si è aiutato anche da solo: «Ho sempre cercato di essere indipenden­te, per cinque anni in estate ho raccolto pomodori e cipolle per mettere insieme 1.000-1.500 euro». La seconda iscrizione è a ingegneria delle telecomuni­cazioni, poi l’Erasmus nella Gran Canaria, la tesi realizzata in un centro di Creta, il Forth (Foundation for Research and Technology Hellas), la laurea, il dottorato, la ricerca, qualche puntata a Pamplona, altro istituto d’eccellenza.

A un certo punto, la scommessa: il desiderio di mettere a frutto le proprie competenze tecnologic­he creando una nuova azienda. «Perché si poteva continuare nella ricerca, se andava bene raggiungen­do un insegnamen­to dopo 15 o 20 anni, oppure pensare a un impiego, magari in una multinazio­nale, con sei mesi di prova, poi ancora sei mesi, e nel migliore dei casi un’assunzione… Ma con poca possibilit­à di crescere. Allora, con i miei amici ci siamo detti che forse valeva la pena rischiare, con prudenza naturalmen­te, valutando bene le cose… Così ho trovato l’adrenalina che la ricerca non poteva darmi». La fatica in Grecia è un ricordo neanche tanto lontano: «All’inizio è stata dura, non conoscevo neanche l’inglese, tantomeno il greco, e appena arrivato mi hanno messo in mano un pacco di riviste scientific­he da studiare. Pazzesco… Poi a poco a poco, lavorando tanto, 1213 ore al giorno…, alle otto di sera andavi a bere una o due birre con i colleghi, ma il giorno dopo ricomincia­vi».

Andreina venuta da Caracas

Alessandro Candiani parla di un’idea nata prendendo un caffè al bar e poi lavorandoc­i su con gli amici Michele Sozzi e Alessandro Tonelli, un biotecnolo­go, e ricorda quel giorno di marzo 2014: «È arrivata la nostra occasione: 12 minuti per spiegare il progetto, l’idea di business e di mercato. Incredibil­mente ce l’abbiamo fatta, selezionat­i tra tantissimi e incubati…». Essere incubati significa mettersi sotto le ali di una struttura (la B-Ventures, appunto) che si occupa di aiutare, seguire, valutare un’impresa in erba: e che dopo aver incubato, se tutto va bene, «accelera» l’idea. Puoi essere incubato ma non accelerato, se non te lo meriti: invece la DNAPhone ha dimostrato di meritarsel­o ed è diventata un’azienda, sostenuta anche da due professori, Stefano Selleri e Annamaria Cucinotta. «Oggi siamo quattro soci operativi e otto

dipendenti, io ci ho messo la faccia e sono il rappresent­ante legale…». È una storia di felicità mentale ma anche di stanchezza: i prototipi, i contatti per il design, il primo investimen­to in una stampante 3D, i sondaggi di mercato, le trattative, i bandi, la distribuzi­one. Gli investitor­i e i sostenitor­i sono arrivati: il consorzio europeo Impact ha premiato per due anni l’impresa di Candiani & co, selezionan­dola tra centinaia di candidati. E anche qualche azienda privata locale ha dato la sua (consistent­e) fiducia.

«Bello, tutto molto positivo, anche se con qualche ruga e diversi capelli bianchi in più», scherza Alessandro (i capelli bianchi in realtà non si vedono...), «per il momento non ci si arricchisc­e, ma questa è la mia vita, e poi si vedrà. Non sono solo, siamo un team di persone che si capiscono e si aiutano. Poteva andare molto peggio, a me e agli amici con cui sono cresciuto. Alcuni li ho conosciuti alla scuola materna e non abbiamo mai smesso di vederci: una cena al sabato, un bicchiere di vino a casa con un risotto, il mio piatto forte. E poi c’è Andreina». Andreina ha 31 anni, arrivata da Caracas in Italia, da sola, nel 2010: «Per anni ha lavorato come sarta in un piccolo negozio di Milano e adesso ha trovato posto in un’azienda che promuove software per la moda. È il suo lavoro. Siamo tutti e due occupatiss­imi ma soddisfatt­i, e il tempo per stare insieme lo troviamo. Anche questa è la mia vita».

 ??  ?? La start-up Alessandro Candiani, 36 anni, di Parma. Laureato in ingegneria delle telecomuni­cazioni, ha conseguito il dottorato di ricerca. Insieme ad altri tre soci ha fondato la start-up DNAPhone che è stata finanziata da B-Ventures e conta otto...
La start-up Alessandro Candiani, 36 anni, di Parma. Laureato in ingegneria delle telecomuni­cazioni, ha conseguito il dottorato di ricerca. Insieme ad altri tre soci ha fondato la start-up DNAPhone che è stata finanziata da B-Ventures e conta otto...

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