Il giorno della resa dei conti nel Pd Renzi: ora diamo la scelta al popolo
«Non torniamo alla Prima Repubblica». Oggi la direzione, minoranza all’attacco. E Prodi: si voti nel 2018 I dubbi di Sala Anche il sindaco di Milano contro le elezioni anticipate: spero non accada
Oggi è in qualche modo il momento delle verità. Dalla direzione del Pd arriveranno indicazioni sulla strada del primo partito di maggioranza, sulle intenzioni del suo segretario, sulle ipotesi di congresso e voto anticipato. Anche se in molti si dicono contrari ad un'accelerazione: per Romano Prodi si deve votare «nel 2018», per il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, vale lo stesso concetto.
Oggi Matteo Renzi annuncerà le sue scelte e potrebbe aprire una stagione congressuale, rimettendo in discussione la sua leadership nel partito. E, dopo la direzione, invierà una lettera agli iscritti del Pd per dire che «da troppe settimane la discussione interna del nostro partito è totalmente incardinata sulle polemiche. È come se la sconfitta referendaria avesse riportato indietro le lancette dell’orologio: caminetti, correnti, equilibri interni. Tutta la politica italiana sembra tornata alla Prima Repubblica». Il segretario invita a «rilanciare l’idea del Pd come motore del cambiamento» e avverte: «Per farlo abbiamo bisogno di due cose, un grande coinvolgimento popolare e una leadership legittimata da un passaggio popolare. Ma abbiamo anche bisogno che chi perde un congresso o le primarie il giorno dopo rispetti l’esito del voto. Essere democratici non significa solo chiedere i congressi ma anche rispettarne i risultati, quali essi siano».
Gli oppositori interni, per il momento, non sembrano però concilianti. Per Michele Emiliano, che aspira a succedergli, l’ex premier «è una rovina per l’immagine del partito» e la direzione «è stata trasformata in kermesse, rischia di essere un one-man show». O un «congresso-gazebo», per dirla con Gianni Cuperlo.
Renzi aveva annunciato ai suoi che oggi si sarebbe dimesso, ma la decisione potrebbe slittare ai prossimi giorni o all’assemblea nazionale. Di sicuro però se dirà in modo esplicito che punta al voto anticipato dovrà affrontare non poche turbolenze interne. Romano Prodi ha espresso la sua netta contrarietà: «Bisogna votare quando finisce la legislatura». È sempre l’ex presidente della Commissione europea si dice interessato dalle prossime mosse di Giuliano Pisapia, ex primo cittadino di Milano: «Ho una stima personale per lui, vediamo come si articolerà la sua proposta».
In un partito lacerato, gli uomini più vicini a Renzi reagiscono in vari modi. Il vicesegretario del partito, Lorenzo Guerini, dice che «ormai si è superato il livello di guardia, vogliono solo il logoramento». E a chi mette in discussione il congresso replica il presidente del Pd, Matteo Orfini: «Definire una farsa qualcosa che coinvolge decine di migliaia di elettori significa offendere gli iscritti. Se si chiede il congresso si chiede il congresso, non una segreteria di garanzia. Se si fa il congresso avremo un segretario scelto dai nostri iscritti e dai nostri elettori. Ed è proprio questa la migliore garanzia».