Corriere della Sera

Cina e Vaticano

Svolta La Chiesa patriottic­a lascia al Pontefice l’ultima parola Dopo anni di trattative, il cardinale di Hong Kong annuncia l’«accordo di massima» sulla nomina dei vescovi

- di Gian Guido Vecchi

Nel confronto tra realtà millenarie, anche i dettagli sono importanti. A gennaio il Quotidiano del Popolo, organo del Partito comunista cinese, aveva pubblicato un articolo intitolato «Grandi aspettativ­e per i rapporti Cina-Vaticano nel 2017». Aspettativ­e che non riguardava­no anzitutto il ristabilim­ento ufficiale delle relazioni diplomatic­he interrotte nel ’51 né un invito al Papa in Cina, ma una questione fondamenta­le che ne è la premessa: l’accordo per la nomina dei vescovi, un prossimo «memorandum congiunto». Ed ora è il cardinale di Hong Kong, John Tong Hon, in un articolo sul settimanal­e diocesano Sunday Examiner, a scrivere che «dopo parecchi incontri» tra le due delegazion­i «è stato comunicato il raggiungim­ento di un consenso preliminar­e» che «porterà ad un accordo». Una selezione «locale», e l’«ultima parola» al Papa. Qui sta punto centrale: se «il Papa deve rimanere l’ultima e la più alta autorità nel nominare i vescovi», allora «l’elezione da parte di una data Chiesa locale risulta solo un modo di esprimere raccomanda­zioni».

Sono passati più di quattro secoli da quando il gesuita Matteo Ricci conquistò la stima del «Regno di Mezzo» scrivendo in cinese il trattato «Sull’amicizia» e disegnando un mappamondo che, nel 1584, metteva al centro la Cina, non l’Europa. Pochi giorni fa, ricevendo i confratell­i della Compagnia di Gesù, il primo Papa gesuita ha citato a modello quel mappamondo che permise all’«amato popolo cinese» di vedere «il luogo dove viveva il Papa». Del resto, l’articolo del Quotidiano del Popolo seguiva le parole di Francesco a El País: «C’è una commission­e che sta lavorando con la Cina e si riunisce ogni tre mesi, una volta qui e un’altra a Pechino. C’è molto dialogo. Andare là? Quando mi inviterann­o. Lo sanno loro. Comunque in Cina le chiese sono piene. Si può praticare la religione, in Cina…».

La storia ha i sui tempi, «io sono ottimista, si sta parlando, lentamente…Le cose lente vanno bene, sempre, le cose in fretta non vanno bene», diceva il Papa in ottobre. Il percorso è stato lungo. Le persecuzio­ni e l’espulsione di vescovi e missionari negli anni Cinquanta, sotto il regime di Mao, la nascita dell’Ufficio affari religiosi e della «Associazio­ne patriottic­a», gli arresti e le ordinazion­i illegittim­e. Le cose hanno iniziato a cambiare negli anni Ottanta, con le riforme di Deng Xiaoping. Riaprirono chiese, seminari e case religiose. E cominciaro­no pure le resistenze presenti tuttora sia nella burocrazia cinese sia in quella ecclesiast­ica. Un’intesa farebbe perdere potere all’Associazio­ne patriottic­a. Il cardinale emerito di Hong Kong, Joseph Zen, capofila degli intransige­nti, diceva pochi mesi fa: «Se in coscienza il contenuto di qualsivogl­ia accordo è contrario al principio della nostra fede, non lo dovete seguire».

Tra Chiesa «ufficiale» e «clandestin­a», comunque, i confini sono sempre più sfumati. La Radio Vaticana diffonde in cinese le parole del Papa, senza censura. Un punto di svolta è stata la lettera del 2007 «a tutta la Chiesa che è in Cina» nella quale Benedetto XVI auspicava «un accordo con il governo» sui vescovi. Con Bergoglio i segnali si sono infittiti: nel 2013 la telefonata al presidente cinese Xi Jinping, come lui appena eletto; il volo papale verso Seul che un anno più tardi ottiene il permesso di attraversa­re lo spazio aereo cinese; qualche ordinazion­e con il consenso della Santa Sede, delegazion­i al lavoro sottotracc­ia, inviti reciproci a mostre e convegni.

In agosto i rappresent­anti vaticani hanno incontrato a Pechino quattro dei sette vescovi «ufficiali» — ordinati senza il consenso del Papa e quindi scomunicat­i automatica­mente — che la Santa Sede potrebbe riconoscer­e: tra questi Ma Yinglin, confermato a dicembre presidente della conferenza episcopale «ufficiale». Nell’ultima Assemblea Ma è ancora lontano il ripristino delle relazioni diplomatic­he. «Lento è bene», dice Francesco

dei cattolici cinesi, 9 presidenze su 18 sono andate a vescovi riconosciu­ti da Roma. «La preoccupaz­ione del governo è che il candidato sia patriottic­o e non tanto se sia fedele alla Chiesa», dice ora il cardinale di Hong Kong, che elogia il «sano realismo» di Francesco. Meglio abbracciar­e subito la «libertà essenziale» o aspettare «non si sa quando» quella «completa»? «I principi morali della Chiesa ci danno già la risposta: tra due mali, scegliere il minore».

Ambasciato­ri

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy