Il missile di Kim sfida la Casa Bianca Lanciato nel Mar del Giappone mentre il premier Abe era negli Usa. La Nord Corea può già colpire gli Usa?
PECHINO Kim Jong-un mette alla prova del fuoco Donald Trump. Erano le 7:55 di domenica mattina ora di Pyongyang, il tardo pomeriggio di sabato in Florida, dove il presidente Trump stava preparandosi per la cena con il premier giapponese Shinzo Abe. È l’ora scelta dal leader nordcoreano Kim Jongun per ordinare il lancio di un missile verso il Giappone. L’ordigno ha viaggiato per circa 500 chilometri prima di cadere nell’oceano, tra la penisola coreana e le acque giapponesi. Secondo le rilevazioni del Pentagono si è trattato di un «Musudan», un missile con un raggio d’azione potenziale tra i3 e i 4 mila chilometri, non ancora un vettore intercontinentale a lungo raggio capace di colpire le città Usa. Un’arma di «portata intermedia», ma comunque in grado di colpire Okinawa in Giappone, sede di una base Usa e l’isola di Guam, l’altro avamposto militare Usa nell’oceano.
Gli analisti militari discutono sulla riuscita del test, il primo condotto dalla Nord Corea da quando Trump è alla Casa Bianca. Un fatto è certo: la sfida è stata ben studiata da Kim, nei tempi e nella portata.
Nel discorso di Capodanno ai nordcoreani Kim Jong-un aveva detto che i preparativi per il lancio di un missile balistico intercontinentale (Icbm) capace di colpire gli Usa sono all’ultimo stadio. Ma ieri il test è stato condotto nuovamente con un missile a medio raggio.
Un sollievo per Trump, che in un tweet a gennaio aveva detto della minaccia di Kim: «Non accadrà». Ricevuto il rapporto del Pentagono, dopo cena Abe e Trump si sono presentati insieme per dire che «è stato un atto inaccettabile» (Abe) e che «gli Stati Uniti sono al 100% al fianco dell’alleato Giappone» (Trump). Una risposta calibrata per evitare un’escalation immediata, secondo fonti della Casa Bianca.
I tecnici nordcoreani non hanno ancora messo a punto un ordigno intercontinentale oppure Kim ha deciso di usare il missile a raggio intermedio per non sfidare troppo Trump e saggiare la sua reazione? Trump ieri sera ha pronunciato una sola frase, non ha prospettato attacchi preventivi, né scritto tweet esplosivi. La scelta di tempo dei nordcoreani è significativa: due giorni dopo che Trump e il presidente cinese Xi Jinping si sono parlati al telefono. Kim segnala di non voler essere ingabbiato da una grande intesa Usa-Cina.
Di fronte alla minaccia missilistica e nucleare di Pyongyang, Trump ha 4 possibili opzioni: militare, retorica, di appeasement o... nessuna di queste. «La risposta giusta sarebbe la quarta opzione, le prime tre hanno fallito», dicono i sudcoreani. In campagna elettorale Trump un’idea delle sue l’aveva avuta: «Io da presidente parlerei con Kim». Sarebbe un vertice internazionale storico e anche uno show imperdibile.