Il caso dei sud coreani
I francesi fanno shopping di società italiane e noi, in genere, rispettiamo le regole del libero mercato. Basti guardare al settore lattierocaseario che ormai, con Parmalat, Galbani, Invernizzi ecc., parlano francese. Quando una azienda italiana si affaccia su quel mercato le viene fatta la radiografia. L’ultimo caso è quello dei Cantieri di Saint Nazaire che Fincantieri ha rilevato dal fallimento di una società coreana (che deteneva la maggioranza!), ma lo Stato francese «si starebbe mettendo di traverso, appellandosi a una legge che permette di conservare il controllo, se un’azienda è ritenuta strategica». Siamo arrivati al punto che va bene la Corea del Sud, mentre non l’Italia!
Arturo Passalacqua, Genova
BUROCRAZIA
Primato conteso Ho ricevuto dalla mia banca un voluminoso plico di 32 pagine scritte fitte fitte a caratteri minuscoli e quasi illeggibili, dal titolo «Documento di Sintesi al 31.12.2016», con le condizioni economiche applicate al rapporto di cui sono titolare. Credevo che la Pa detenesse il record della burocrazia, ma le banche non sono da meno.
Giulio Viola
IN DUE MINUTI
Rinnovo carta d’identità I dipendenti pubblici non sono sempre da criticare. Nella imminente scadenza della carta d’identità, mi sono recato all’Ufficio anagrafe del mio Comune con le foto tessera. l’impiegata mi ha chiesto 6 euro per bolli e nel giro di due minuti mi ha consegnato il nuovo documento! Roberto Gregis, Cogliate (Mb)
RECUPERI DEL FISCO
La giusta destinazione È una buona notizia il fatto che nel 2016 siano stati recuperati 19 miliardi dall’evasione fiscale, contro i 16 dei 2 anni precedenti. Sarebbe una notizia ancora migliore se questo gettito extra andasse a ridurre il deficit dello Stato, o il carico fiscale di chi le tasse invece le paga.
Marco Pozzi, Monza Le lettere firmate con nome, cognome e città e le foto vanno inviate a «Lo dico al Corriere» Corriere della Sera via Solferino, 28 20121 Milano Fax: 02-62827579
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Aldo Cazzullo - «Lo dico al Corriere» «Lo dico al Corriere» @corriere
Caro direttore,
si leggono sovente nella posta grandi elogi del sistema di comportamento e altro, solo all’estero, il peggio solo a noi ma non è così. Una signora russa che viene per lavori a casa mia l’altro giorno mi ha detto: «Grazie Italia, grazie Italia. In questi anni ho potuto curare e guarire mio figlio!». Ha ultimato inoltre l’acquisto di un appartamentino nel suo Paese. Insomma: «Italiani, brava gente».
Cara signora Forti,
PMilano
arlare male dell’Italia è lo sport nazionale più diffuso, nella politica, nelle professioni, nella vita quotidiana. Il motto americano «Right or wrong, it’s my country» («giusto o sbagliato è il mio Paese») non ha mai avuto fortuna nella nostra discussione pubblica e privata. Ritrovare un po’ d’orgoglio di quello che siamo e di quello che siamo riusciti a fare dal dopoguerra in poi non sarebbe male. Il nostro sistema sanitario, lodato dalla signora russa, offre cure a tutti ed è certamente migliore, per tanti aspetti, di quelli di altri Paesi. Provate a chiedere a chi, non essendo ricco, ha dovuto rivolgersi a un ospedale americano. Così come possiamo essere orgogliosi non solo di quello che ci rende unici al mondo (paesaggio, arte, cultura, borghi storici) ma anche dei primati che abbiamo saputo conquistare nella moda, nel design, nella cucina, nella manifattura.
Qui però dobbiamo fermarci e guardare all’altra faccia della medaglia. Il sistema sanitario italiano, spesso molto efficiente soprattutto al centro-nord, è lo stesso che a Nola lascia i pazienti sul pavimento, e offre quotidiani esempi di inefficienza, sprechi e corruzione. Ogni sondaggio sul Paese più desiderato al mondo dai turisti mette l’Italia al primo posto: perché allora non siamo mai primi negli arrivi e nei soggiorni, perché consideriamo gli stranieri solo persone a cui spillare il massimo dei soldi?
Per non parlare di quanto poco ci occupiamo della tutela dell’ambiente e del territorio, di quanto sia bassa la competitività del nostro sistema economico e alte invece la corruzione e le complicazioni burocratiche, di come abbiamo aperto una voragine nei conti pubblici. Insomma abbiamo molti motivi per non essere contenti del nostro Paese. Non dobbiamo offenderci se qualcuno ce li ricorda. Ma oggi può essere uno di quei giorni in cui l’Italia «giusta o sbagliata» è il nostro Paese. E dunque ringraziare la signora russa che ci ricorda gli aspetti positivi. Le lettere a Luciano Fontana vanno inviate a questo indirizzo di posta elettronica: scrivialdirettore@corriere.it