Corriere della Sera

Rizzoli non accetta la mancanza di venerazion­e

- Di Mario Sconcerti

Si manda il miglior arbitro a dirigere Juventus-Inter perché si è garantiti dalla sua volontà di privato, la sua efficienza sul campo e la tenuta nervosa durante e dopo la gara. Non sono qualità da poco, ma sono le poche indispensa­bili per partite dove il vittimismo è per principio grande come le nostre cattive abitudini. Rizzoli invece riesce a sbagliare molte fra le possibilit­à a disposizio­ne. Non arbitra male sul campo ma non accetta la mancanza di venerazion­e. Gli arbitri adorano le accuse, sono il loro martirio, quindi la loro grande pubblicità. Detestano essere discussi sul niente, sull’incompeten­za dell’accusatore. È la qualità del nemico che fa il nostro livello. Che c’entra allora la curva dell’Inter? Rizzoli aveva sbagliato poco sul campo, niente che non fosse rovesciabi­le. Opinioni. Ma con i giorni, con l’allungarsi della discussion­e, si è rapidament­e entrati in una specie di lesa maestà, nel chiacchier­iccio dove tutto si sporca. I grandi arbitri fanno quel mestiere per tenersi sopra la gente. Sono 40 mila in Italia e solo una decina arrivano in serie A, una selezione da astronauti. Perché finire in pasto al popolo come un traditore qualunque? Discuterli banalmente sulla pubblica piazza annulla di colpo tutta la loro differenza. È questo che ha colpito Rizzoli, non poteva stare zitto, doveva intervenir­e per difendere la sua storia, uscire da un privato che è serio e gradevole quando tutto lo è, ma lascia soli quando parte la tempesta. Così, come spesso i mitici, anche Rizzoli è andato fuori regime. Sabato sera ci è stato suggerito che se si vuole provare a farsi diminuire una squalifica bisogna attaccare il sistema, alzare comunque la voce, risultare scomodi. È lo stesso principio che portò a Calciopoli. Chiamo io o chiami tu? Ora abbiamo avuto l’auto-moviola del miglior arbitro del mondo davanti a un telefonino, raccontata in terza persona, come Pietro Mennea quando voleva prendere in giro se stesso e tutti. Ora non siamo più convinti di niente, né dei nervi di Rizzoli né della stabilità di una categoria messa spalle al muro dal mormorio dei tifosi. Ho sempre pensato che gli arbitri fossero la cosa migliore del calcio. Che sbaglino pure, come sbaglia un centravant­i davanti alla porta, è un errore, non un reato. Ma se Rizzoli è il meglio del meglio, cosa resta degli altri? La cosa terribile e sconosciut­a è che una volta di più hanno vinto gli ultrà. Come diceva Tacito, fanno il deserto e lo chiamano pace. Perché Rizzoli aveva arbitrato bene. Ma non ce l’ha fatta a sopportarl­o.

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