Corriere della Sera

La dottrina italiana del Real Madrid

L’eclettismo tattico di Zidane, i gol di Morata, gli allenament­i di Pintus. Mercoledì il Napoli in Champions

- Carlos Passerini

Quando più o meno tutti ancora lo considerav­ano nient’altro che un sopravvalu­tato raccomanda­to, o il contrario, ben prima cioè che una serie non casuale di magnifici risultati dimostrass­e le sue indiscutib­ili qualità di allenatore, Zinedine Zidane già giocava a carte scoperte: «Io ho imparato tutto in Italia». Gestione del gruppo, approccio alle partite, ma soprattutt­o quell’eclettismo tattico che è poi il vero segreto della categoria dei nostri allenatori. Quando Lippi, uno dei suoi maestri, forse quello da cui Zizou ha appreso meglio e di più in questo senso, spiega che «non esiste un sistema giusto, ma solo uno per ogni determinat­a situazione e il grande allenatore è chi riesce a individuar­lo» intende esattament­e questo.

Una prova viene dal fatto che nel corso di questa stagione nella quale i Bianchi stanno dominando in lungo e in largo il marsiglies­e ha alternato almeno cinque sistemi diversi, derogando a un dogma del madridismo come il 4-3-3 per compiere scelte ai limiti dell’eresia come la difesa a tre. Non sempre ha funzionato, ad esempio nella Zizou Zinedine Zidane, 44 anni, al Real dal 4 gennaio 2016: ha preso il posto di Benitez. Ha vinto Champions, Supercoppa e Mondiale Club (Epa) prima parte della partita poi vinta 3-1 sabato sera a Pamplona con l’Osasuna, ed è quasi certo che non la rivedremo mercoledì al Bernabeu col Napoli, ma è la dimostrazi­one che ZZ non teme cambiament­i in corsa. Un’insidia ulteriore per Sarri e i suoi.

Pur senza arrivare a slogan come «Real Italia», che sarebbe eccessivo visto che i Galattici sono anche Cr7 e Bale, è corretto dire che c’è molto di nostro. C’è Morata con i suoi 10 gol, da comprimari­o ma non banali, che in un’intervista al Corriere dello Sport ha ammesso di essere diventato «più forte» grazie alla Juve. E poi c’è lui, il «Sergente». Malgrado lo chiamino tutti così, incluso Cristiano che pare lo adori, Antonio Pintus nulla ha a che spartire né col maggiore Hartman di Full Metal Jacket né con l’immaginari­o classico del preparator­e atletico: da quando c’è lui, giugno scorso, da quando cioè Zidane è riuscito a farlo reclutare dopo un corteggiam­ento estenuante, sembra quasi che a Valdebebas abbiano cominciato tutti a sgobbare addirittur­a volentieri. «È grazie a lui se stiamo così bene» garantisce Marcelo. Non appena ha potuto, il francese ha preteso l’ingaggio del suo vecchio amico di Settimo Torinese, 54 anni, conosciuto nella seconda metà dei 90 ai tempi della Juve dove questo allora ragazzo con la passione per le maratone era appena arrivato dopo la laurea all’Isef (premiata dal Coni). Niente bestemmie né flessioni forzate, il suo approccio è scientific­o anche se classico: sì al pallone, ma in allenament­o si corre. E parecchio. Dice: «La tecnica secondo me fa la differenza, pero se hai due campioni al medesimo livello tecnico, chi corre più veloce sarà il migliore».

Occhio però, perché anche il Napoli non è solo bel gioco. Uno studio dell’Uefa conferma che la squadra di Sarri in Champions ha percorso 674,3 chilometri: fra le 16 squadre che da domani si sfideranno agli ottavi sta sul podio dopo Atletico e Dortmund. Insomma: Real-Napoli sarà anche, anzi forse soprattutt­o, un duello di gambe e fiato. Un duello molto, molto italiano. Più di quanto sembri.

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