Corriere della Sera

Gli stagisti d’Italia (più 116 per cento)

- Di Dario Di Vico

Il mondo degli stage e dei precari secondo i dati del ministero del Lavoro: il numero dei tirocini in Italia supera le 143 mila unità. Nel 2015 eravamo a 114 mila, nel 2012 arrivavano a quota 63 mila. In 5 anni l’incremento è stato del 116%. Oggi, per distribuzi­one territoria­le, è in testa la Lombardia (32 mila). Il segmento più folto è quello tra i 25-34 anni: oltre il 44%.

Adesso per discutere dei vizi e delle virtù degli stage abbiamo (finalmente) anche i dati aggiornati al 14 febbraio 2017 ed elaborati ufficialme­nte dal ministero del Lavoro. Ebbene il numero totale dei tirocini aperti in Italia supera le 143 mila unità con una progressio­ne che ha dello spettacola­re. Nel giugno ’15 eravamo fermi, infatti, a 114 mila ma se torniamo qualche addietro (al 2012) gli stage arrivavano appena a quota 63 mila. Nel giro di meno di cinque anni si sono incrementa­ti del 116 per cento.

Un vero boom. Se poi osserviamo la distribuzi­one territoria­le odierna in testa di gran lunga è la Lombardia (32 mila su 143 mila) seguita dal Lazio (18.525) e dall’Emilia-Romagna (14.276). Il Sud tutto assie- me supera di poco i 31 mila. Dal punto vista dei settori che utilizzano di più gli stage i servizi fanno la parte del leone (108.299 ovvero circa il 70%) contro l’industria rimasta poco sopra il 20 per cento.

Ancora più interessan­te (e preoccupan­te) è il dato che fotografa l’età: il segmento più folto è — sorprenden­temente — quello tra i 25-34 che supera il 44%. Gli under 24, che dovrebbero essere la maggioranz­a, invece seguono con il 41,2%. I giovani adulti tra i 35 e 44 arrivano al 7,4% mentre una fetta significat­iva di stagisti ha più di 45 anni (sono il 14,4%!). In 212 casi i dati segnalano addirittur­a degli ultra 65enni, dei seguaci del modello De Niro, protagonis­ta del film Lo stagista inaspettat­o.

Sostituto dei veri contratti

Non bisogna essere dei raffinati analisti per capire come da questi numeri venga fuori la fotografia di uno strumento gravemente malato. Ne è cosciente anche Maurizio Del Conte, il presidente dell’Anpal (l’agenzia nazionale del lavoro), secondo cui «la significat­iva crescita di questi ultimi anni non si giustifica, evidenteme­nte lo stage che doveva essere il primo contatto con il mondo del lavoro e momento di formazione è invece diventato altro da sé, ha assunto la funzione sostitutiv­a delle vere forme contrattua­li». Lo testimonia il fatto che la Lombardia da sola attrae stage di più dell’intero Sud dimostrand­o così che non è uno strumento di supporto alle regioni con maggiori difficoltà di inseriment­o dei giovani. «La figura tipo dello stagista sembra essere quella del disoccupat­o che per trovare un lavoro passa dal tirocinio». Per Del Conte anche l’elevato numero di over 45 presenti nelle statistich­e «segnala un’anomalia che non può essere spiegata solo dai casi virtuosi di ricollocam­ento al lavoro». Siamo in presenza quindi di un diffuso regime di abuso che va assolutame­nte contrastat­o e che può essere stato generato anche Per gli esperti, «nei cantieri e non solo è più corretta la formula dell’apprendist­ato» «dalla stretta sull’ampia tipologia di forme contrattua­li precedenti».

Il presidente dell’Anpal invita nonostante tutto a non demonizzar­e lo stage: «In un sistema che finora ha avuto poche esperienze di alternanza studio/lavoro è stato l’anello di congiunzio­ne con la scuola e ha permesso a molti di fare la prima uscita». Più che emanare nuove norme rigide («le vigenti già lo sono, in teoria») bisogna rafforzare i controlli per evitare «il carosello degli stage», ovvero gio-

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