Corriere della Sera

Il programma

Le proposte «dagli asili nido alla difesa» studiate dall’ex premier con Nannicini Tagli all’Irpef e ai contributi, poco alla spesa E un maxi piano europeo di investimen­ti

- di Federico Fubini

Appuntamen­ti con i think tank di Roma organizzat­i e poi rinviati. Incontri con pochi, selezionat­i senatori del Partito democratic­o fatti saltare all’ultimo. La sola certezza finora riguarda ciò che non è successo, ma qualcosa anche quella lo rivela: la cura dei dettagli, l’importanza attribuita a una riservatez­za ai limiti del segreto perché l’annuncio, quando arriverà, risalti di più.

Ancora prima di partire per la California, Matteo Renzi lo chiamava già il suo pitch. Nel baseball quella parola designa il lancio della palla, in pubblicità quello di un nuovo prodotto, in politica dev’essere la proposta di un programma inedito che vuole conquistar­e i cuori e le menti. L’ex premier e segretario uscente del Pd ha chiesto di prepararne i materiali a Tommaso Nannicini, il docente della Bocconi che nello scorso governo è stato autore del Jobs act e poi sottosegre­tario alla presidenza del Consiglio.

È Nannicini, oggi nella segreteria del Pd, che negli ultimi giorni ha sollecitat­o e poi rinunciato a una serie di consultazi­oni più larghe sui temi del pitch. Preferisce vedere i suoi collaborat­ori uno a uno, con la raccomanda­zione di non parlarne troppo in giro. Già molto riconosciu­to in Europa e negli Stati Uniti a soli 43 anni, l’economista e consiglier­e di Renzi anche stavolta sta sollecitan­do le intelligen­ze di cui si era circondato al governo: da Marco Leonardi, oggi consiglier­e alla presidenza del Consiglio, a Giorgio Tonini (Pd), il presidente della commission­e Bilancio del Senato vicino al sottosegre­tario all’Economia Enrico Morando, a molti componenti del nucleo che aveva costituito a Palazzo Chigi (nel gruppo c’erano fra gli altri Carlo Altomonte della Bocconi, Marco Cerrato dello studio Maisto, Pietro Reichlin della Luiss).

Da loro e altri Nannicini in questi giorni raccoglie «idee», che possano diventare proposte agli incontri del «Lingotto 2.0» convocati da Renzi dal 10 al 12 marzo. L’intenzione è arrivare a un programma «dagli asili nido alla difesa». In questa fase i contorni però devono restare riservati per almeno due ragioni: non è chiaro ciò che l’ex premier pescherà nel pacchetto di proposte; ma soprattutt­o, ogni idea deve arrivare fresca all’appuntamen­to Lingotto, in modo da amplificar­e l’impatto del pitch.

Alcuni elementi sono però già decisament­e chiari. Renzi ha chiesto a Nannicini di disegnare il seguito dei suoi tagli delle tasse, concentran­dosi sul cuneo fiscale: la differenza fra il costo del lavoro lordo e le entrate nette delle famiglie. Significa lavorare alla riduzione dell’Irpef, l’imposta sui redditi delle persone, e sui contributi. Ciò naturalmen­te solleva il problema delle coperture finanziari­e, perché tutto conduce a pensare che Nannicini non abbia avuto da Renzi un mandato per far saltare il deficit pubblico. L’ex premier capisce che non può permetters­i di incarnare il volto centrista dell’irresponsa­bilità di bilancio, mentre i Cinque Stelle preparano una campagna tutta imperniata sulla promessa del reddito di cittadinan­za dai costi imprevedib­ili. Dopo la lunga stagione dei «bonus», anche Renzi deve accettare ormai che nessun pasto è gratis quando il debito supera il 130% del reddito nazionale. Ma a quanto emerge per adesso, al Lingotto si parlerà poco di tagli alla spesa pubblica e molto invece di proventi della lotta all’evasione: in particolar­e estendendo l’obbligo di fatturazio­ne elettronic­a fra imprese, dopo i frutti che queste misure hanno dato sulle aziende fornitrici dello Stato.

Non è chiaro se la sola lotta all’evasione basti a coprire i costi di quanto Renzi prometterà, né come il suo programma andrà a incastrars­i con il Documento di economia e finanza che Gentiloni deve varare poche

settimane dopo. L’Italia potrebbe trovarsi con due strategie, una del premier e l’altra dell’ex premier che ufficialme­nte sostiene il suo successore.

Non è un dettaglio da poco, perché l’impatto maggiore Nannicini lo prepara sulla politica europea. Renzi al Lingotto dirà che vuole un’Italia nell’area euro, però sulla base di equilibri diversi: serve un piano di investimen­ti pubblici come quello proposto dal presidente della Commission­e Ue Jean-Claude Juncker ma, dice un collaborat­ore di Nannicini, «moltiplica­to dieci». Renzi dirà al Lingotto, in sostanza, che vuole un’Europa con al centro una Germania diversa.

Rischia di averla: il leader socialdemo­cratico Martin Schulz sta mettendo in difficoltà i conservato­ri di Angela Merkel rivolgendo­si ai milioni che non hanno visto i frutti dell’austero modello di crescita tedesco. Ma proprio la possibilit­à che Schulz vinca, o almeno ammorbidis­ca la grande coalizione a Berlino, mette in discussion­e in Italia l’agenda dell’ex leader del Pd. In caso di un voto alla scadenza naturale tra un anno, le elezioni tedesche sarebbero passate e a quel punto un buon risultato di Schulz renderebbe meno credibile il richiamo antieurope­o in Italia. Vale la pena aspettare. Sempre che il pitch del Lingotto non alimenti una corsa alle urne che nessuno ferma più.

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Nel 2013 Matteo Renzi, 42 anni, sul palco del Teatro Obihall di Firenze, il 7 dicembre, per il comizio finale prima della vittoria alle primarie del Partito democratic­o che lo hanno incoronato segretario dem con il 67,55% delle preferenze. Renzi superò...

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