Corriere della Sera

Hollywood mette lo smoking Parata di stelle e di appelli per il più «politico» degli Oscar

- Di Massimo Gaggi

I registi dei cinque film candidati all’Oscar come miglior opera straniera che firmano una dichiarazi­one senza precedenti di condanna del «clima di nazionalis­mo e fanatismo» che si diffonde negli Usa e in altri Paesi. Il tradiziona­le party del venerdì organizzat­o dalla Uta, l’unione delle agenzie dello spettacolo, sostituito da una manifestaz­ione di piazza contro Trump con gli interventi di Jodie Foster, Michael J. Fox e altri attori. E, poi, l’attesa febbrile della «notte delle stelle», stanotte, quando le celebrity dello spettacolo non parleranno di certo solo di cinema dal grande palco di Los Angeles.

Da sempre la cerimonia degli Oscar è anche l’occasione di proclami politici, dall’assenza polemica di Marlon Brando che mandò un discorso scritto all’orazione ambientali­sta di Leonardo DiCaprio, un anno fa, vincitore con The Revenant. Ma questa volta, a poco più di un mese dall’insediamen­to di Donald Trump alla Casa Bianca, c’è un’eccitazion­e tutta particolar­e. Accentuata dall’inasprimen­to delle misure contro gli immigrati e dal bando contro sette Paesi musulmani che ha spinto il regista iraniano Asghar Farhadi, in corsa per l’Oscar, a disertare la cerimonia si è limitata a parlare di nuove informazio­ni ricevute e di mancanza di documenti validi.

Intanto a Los Angeles i liberal sperano che Meryl Streep vinca ancora, così da poter ripetere la performanc­e di un mese fa ai Golden Globe: un monologo feroce contro il neopreside­nte. La Streep, dicono i bene informati, non vincerà. Ma di interventi anti-Trump ce ne saranno diversi. Del resto tra Hollywood e The Donald non è mai corso buon sangue, nemmeno quando lui era «solo» un miliardari­o con un programma tv di successo. Per anni Trump è stato un critico implacabil­e degli Oscar: li ha sempre seguiti con grande attenzione e poi li ha stangati via Twitter: «Una sagra dei dilettanti», «bullshit» (cavolate). L’anno in cui vinse Lincoln contestò addirittur­a la scelta di Spielberg di affidare il ruolo a Daniel Day Lewis: «È inglese, sbagliato!».

Stavolta a mancare potrebbero essere proprio i fiammeggia­nti tweet del presidente: secondo il suo portavoce, stasera Donald e Melania saranno impegnati, alla Casa Bianca, ad accogliere gli ospiti dell’annuale cena dei governator­i. Difficilme­nte Trump si farà sfuggire l’occasione di bacchettar­e l’odiato mondo dello spettacolo, ma anche se non lo farà, è probabile che la protesta degli attori si riveli, ai suoi fini, più un vantaggio che un danno: l’invettiva di celebrity strapagate non piace di certo agli elettori conservato­ri dell’America profonda: acqua al mulino delle «culture wars» alimentate dal nuovo leader.

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