Suicida a Regina Coeli «Era malato psichiatrico non doveva stare in cella»
In meno di tre settimane era evaso tre volte dalla Rems di Ceccano, una Residenza di riabilitazione per pazienti con problemi psichiatrici gestita con la collaborazione del ministero della Giustizia. E tutte le volte Valerio G., 22 anni, era stato ripreso dopo pochi giorni. Finché venerdì il giovane, arrestato di nuovo poco tempo fa per resistenza e lesioni a pubblico ufficiale e danneggiamento, è stato trovato morto nella sua cella nella seconda sezione del carcere di Regina Coeli. Si è tolto la vita impiccandosi con un lenzuolo alla grata del bagno. Inutile l’intervento del personale della polizia penitenziaria avvisato da altri detenuti: gli agenti hanno cercato di rianimare Valerio, che però era già deceduto. «Questo ragazzo era scappato da una Rems e a lui erano contestati soltanto reati di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni. Reati tutto sommati irrilevanti e legati al fatto che era andato via dalla Rems. E allora mi chiedo, perché non è stato riportato lì? Perché si trovava in carcere? Questo suicidio si poteva evitare», è il duro atto d’accusa del Garante dei detenuti del Lazio, Stefano Anastasia. Sarà l’autopsia, domani, a stabilire le cause della morte e anche se il giovane avesse assunto qualche medicinale o sostanza che possano aver favorito la decisione di togliersi la vita. Secondo il segretario generale aggiunto della Cisl Fns Massimo Costantino, tuttavia, l’ennesimo suicidio in un carcere romano ripropone i problemi di assistenza collegati al sovraffollamento che nella struttura che si affaccia sul lungotevere è attualmente di 289 detenuti in più rispetto alla capienza massima, che è di 622. «Pur apprezzando le nuove normative in tema di esecuzione penale — spiega Costantino — e con l’istituzione del nuovo Dipartimento di giustizia minorile e di comunità, i risultati concreti tardano ad arrivare e nelle carceri resta il sovraffollamento».