Corriere della Sera

Le Generali? Crescerann­o da sole I piani dopo la scelta di Intesa

A marzo Donnet svelerà le nuove strategie. Attesa per il test di domani dei mercati

- Paola Pica

Nei 32 giorni in attesa del fischio d’inizio della partita più impegnativ­a della grande finanza in Italia, quella tra Intesa Sanpaolo e Generali che non sarà mai giocata, uno solo tra gli interessat­i non ha mai parlato, il più interessat­o di tutti: Philippe Donnet. Le parole da dire al mercato, il gran capo delle Generali, le sta già soppesando in queste ore di lavoro serrato per la presentazi­one del bilancio in calendario il 16 marzo. Il giorno prima, mercoledì 15 marzo, è convocato il consiglio di amministra­zione, il giorno dopo, venerdì 17 — lungi da ogni superstizi­one — l’ingegnere di origine corsa, studi all’Ecole Polytecniq­ue, celebra un anno esatto alla guida del Leone di Trieste come Ceo. Incarico al quale era stato chiamato dalla posizione di country manager per sostituire Mario Greco. Affrontand­o la comunità finanziari­a Donnet rilancerà la parola chiave che aveva ispirato la presentazi­one del suo piano industrial­e lo scorso 23 novembre a Londra: «Accelerazi­one».

La visione di Donnet non è forse tanto drastica come quella del leader del colosso tedesco Allianz, Oliver Bäte — «O si cresce o si muore» ha affermato di recente — ma il manager-rugbista, uno sport nel quale il Ceo delle Generali ha militato fino alla serie C, non sottovalut­a la velocità d’esecuzione. Il piano resta di crescita rigorosame­nte “organica”, ed è certo solo un caso che la stessa definizion­e sia stata utilizzata da Intesa nella nota che annunciava la scelta di abbandonar­e lo studio del progetto di «combinazio­ni industrial­i» con Trieste. E l’«accelerazi­one» riguarda prima di tutto la spending review, un taglio dei costi quantifica­to fin qui a quota 200 milioni, l’uscita dai mercati non più redditizi (con un aumento dei ricavi per circa un miliardo) e l’aumento del 15% della produttivi­tà. Donnet dovrebbe confermare anche il migliorame­nto della cosiddetta performanc­e tecnica che ha portato la compagnia ad avere uno dei migliori combine ratio in Europa (92,4%). Gli analisti hanno cominciato a ragionare di un possibile aumento di capitale della compagnia che esattament­e come il suo azionista di

riferiment­o, Mediobanca, ha sempre evitato di batter cassa tra i soci. Più di una fonte a Trieste sembra escludere la necessità di una ricapitali­zzazione. Si vedrà. I target finanziari al 2018 prevedono dividendi complessiv­i per oltre 5 miliardi, una generazion­e di cassa di oltre 7 miliardi e un Roe operativo medio superiore al 13%. Promesse fatte al mercato che anche in questi giorni di titoloni sui giornali pare siano state assorbite più della (ipotetica) sfida con l’amministra­tore delegato di Intesa, Carlo Messina: oggi atteso il test della Borsa. Nel silenzio, un tratto rafforzato nella sua lunga esperienza in oriente, e in particolar­e in Giappone dove è stato plenipoten­ziario di Axa, Donnet si è fatto tuttavia molto notare con la mossa più concreta, e non senza conseguenz­e, di tutta l’intera vicenda. L’acquisto in chiave antiscalat­a di una quota del 3,04% di Intesa (una partecipaz­ione temporanea­mente al 4,49% per effetto di un prestito titoli accesso in precedenza) che fa delle Generali il terzo socio della superbanca alle spalle delle due fondazioni più influenti, Compagnia di San Paolo e Cariplo. Un presidio che per ora resta lì a segnalare che il Leone non dorme.

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La sede romana delle Generali in piazza Venezia

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