Quasi il 90 per cento dei pazienti riprende anche a lavorare
l trapianto è ad oggi la miglior cura per l’insufficienza terminale d’organo.
«Rispetto alle terapie alternative e al supporto artificiale, non solo rappresenta un vero e proprio salvavita — come nel caso del trapianto di cuore o del trapianto di fegato nell’epatite fulminante — ma determina anche una migliore sopravvivenza del paziente: dell’86% a un anno dall’intervento, nel trapianto di fegato. Nel trapianto di rene, la percentuale di sopravvivenza a un anno è del 97,2%. Il trapianto di rene permette, inoltre, una sopravvivenza dei pazienti molto superiore a quella attesa in un paziente in dialisi: dopo il trapianto, il rischio di decesso è di oltre il 70% inferiore, rispetto ai pazienti di pari età in dialisi», spiega Andrea De Gasperi, direttore del Dipartimento Niguarda Transplant Center di Milano.
In molti casi, per il paziente trapiantato questo significa anche un ritorno all’attività lavorativa: il Centro Nazionale Trapianti stima che l’89,9% dei pazienti italiani sottoposti a trapianto di cuore, il 78% dei trapiantati di fegato e l’89% dei trapiantati di rene, lavora o è nelle condizioni di farlo e quindi è pienamente reinserito nella normale attività sociale. La qualità dei trapianti effettuati in Italia è migliorata ietro a ogni singolo trapianto c’è una “macchina” che lavora assiduamente, coinvolgendo oltre 100 addetti e specialisti di discipline e strutture diverse, spesso situate in più città, che si interfacciano per la gestione di tutte le fasi del processo di donazioneprelievo-trapianto.
Fulcro del sistema è il Centro Nazionale Trapianti Operativo (CNTO), il cui cuore pulsante è un edifico moderno, un parallelepipedo sviluppato a piano terra, poco distante dalla sede principale del Centro, in via Giano Della Bella (presso l’Istituto Superiore di Sanità), in zona Tiburtina a Roma. Qui c’è la centrale operativa: 8 postazioni dalle quali viene sorvegliata e sostenuta l’attività trapiantologica che coinvolge oltre 20 mila tra medici, infermieri e altri operatori sanitari in Italia.
«Con la nascita del CNTO, nel novembre del 2013, siamo attivi ormai in tempo reale lungo l’arco delle 24 ore e riceviamo dalle diverse Regioni le segnalazioni di tutti i donatori d’organo, esaminandone idoneità e rischio di trasmissione di malattie — spiega Alessandro Nanni Costa, direttore del CNTO — . Seguiamo l’assegnazione di ciascun organo, sia che venga destinato a un programma nazionale sia alle liste regionali, fino alla fase del trapianto. Anche i trasporti di organi, equipe e pazienti sono monitorati dal CNTO attraverso un collegamento costante con le Regioni».
Dunque, la centrale operativa di Roma raccoglie le telefonate dei Centri regionali che a loro volta le ricevono dalle Rianimazioni degli ospedali. Unica eccezione la Lombardia, che fa da “capofila” anche per Liguria, Marche, Friuli, Veneto e Provincia Autonoma di Trento con le quali è convenzionata. «Quando arriva la segnalazione possiamo già verificare se il candidato abbia espresso la volontà di donare o meno — notevolmente negli ultimi anni e i risultati sono paragonabili a quelli dei Paesi europei più avanzati, come si può verificare dai principali registri internazionali.
«Il traguardo è frutto di un’analisi puntuale promossa dall’Istituto Superiore di Sanità e avviata nel 2002 — spiega Alessandro Nanni Costa, direttore del CNTO — , che ha avviato un progetto di valutazione della qualità dell’assistenza sanitaria. L’obbiettivo è migliorare lo stato di salute, innalzare il grado di soddisfazione dei cittadini e offrire strumenti di trasparenza».