Corriere della Sera

Dietro ogni intervento, lo sforzo di 100 persone

- R.Co.

el 2016, anno record per i trapianti in Italia, le opposizion­i alla donazione sono state del 26 % Il dato nazionale è il più basso in Europa , dopo quello della Spagna. Ma occorre interrogar­si perché al fondo del problema, ammettono gli esperti, c’è quasi sempre un difetto di comunicazi­one. «Il tema della donazione è uno dei più difficili da comunicare — dice Alessandro Nanni Costa , direttore del CNTO — . Questa difficoltà è legata ad una serie di motivi: la continua Alessandro Nanni Costa — . Si fa poi una valutazion­e sull’idoneità del donatore e su quella dell’organo. Per questo ci avvaliamo di tre esperti: uno esperto sulle questioni medico-legali; uno, un anatomopat­ologo, che si occupa del rischio di trasmissio­ne dei tumori e uno, un infettivol­ogo, che si occupa del rischio di trasmissio­ne infettiva. Poi verifichia­mo se c’è un caso di trapianto urgente».

L’assegnazio­ne dell’organo viene cioè gestita secondo priorità sulla base di una serie di programmi stabiliti a livello nazionale. «Se l’organo non viene scelto per uno dei programmi nazionali — prosegue il direttore del CNTO — allora viene assegnato alle liste d’attesa regionali e poi utilizzato secondo criteri comuni, predefinit­i e verificabi­li anche a posteriori. Se la Regione non ha pazienti idonei, la gestione torna a noi e a questo punto la ricerca del ricevente è allargata a tutti i Centri trapianto».

Una volta individuat­i e selezionat­i donatore, ricevente e È il numero di trapianti , da cadavere e da vivente, effettuati nel 2016 (3.336, nel 2015). I donatori sono stati 1.596 (1.330, nel 2015). Stabili le opposizion­i alla donazione, intorno al 30%. La popolazion­e vivente dei trapiantat­i in Italia è oggi all’incirca di 35-40 mila persone organi, si procede al trasporto degli stessi e dell’ equipe che effettuerà l’intervento. In media, l’intero percorso del trapianto si compie nell’arco di 10 ore.

«La “macchina dei trapianti” italiana funziona secondo i più alti standard di qualità e sicurezza — dice Giuseppe Piccolo, Coordinato­re Regionale Trapianti della Lombardia —. A oggi però non tutte le strutture ospedalier­e attivano il processo di donazione sistematic­amente alla morte di un paziente. Ancora troppo spesso si tratta di un’attività discrezion­ale, di cui si fa carico il singolo operatore sanitario, medico o infermiere. L’obiettivo è invece di considerar­e la donazione di organi e tessuti come un’attività sanitaria di cui sono responsabi­li le direzioni degli ospedali, nel contesto di programmi regionali e nazionali ben definiti».

Per questo, nel 2017 dovrebbe finalmente partire il Piano nazionale delle donazioni. Per saperne di più sull’organizzaz­ione e l’attività dei trapianti in Italia www.trapianti. salute.gov.it

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