La battaglia infinita di Mosul, i tesori sottratti all’Isis
Le truppe irachene avanzano nella parte ovest della città, controllata da 3 anni dall’Isis. I jihadisti costretti a lasciare ponti e simboli del potere. In una settimana 42 mila sfollati
Le truppe irachene avanzano verso la conquista di Mosul. L’Isis arretra. Si combatte in un dedalo di viuzze, cortiletti, moschee. Le forze di Bagdad hanno anche ripreso il possesso del museo devastato dagli uomini del Califfo.
Uno dopo l’altro cadono i simboli del potere e dell’aureola di invincibilità di cui Isis si era ammantato negli ultimi tre anni. Le truppe dell’esercito iracheno, coadiuvate dai corpi speciali americani assieme alle brigate di volontari sciiti sostenuti dall’Iran, avanzano inesorabilmente verso il dedalo di viuzze medioevali che caratterizzano la città vecchia di Mosul. «La battaglia finale è sempre più prossima», proclamano trionfanti i portavoce del ministero della Difesa a Bagdad.
A vedere le tappe della loro avanzata per una volta c’è da credergli. Nelle ultime ore hanno liberato il Museo archeologico, il ponte al-Hurriya sul Tigri (dopo che una settimana fa avevano combattuto per l’aeroporto e si erano impossessati del cosiddetto Quarto Ponte), oltre a una parte del quartiere che include i maggiori uffici governativi. Gli archeologi di tutto il mondo adesso vorrebbero valutare i danni dei manufatti distrutti nel museo. «La nostra curiosità è grande. Forse la devastazione non è così grave come credevamo. Due anni fa le immagini diffuse dai militanti di Isis in cui si filmavano mentre prendevano a mazzate i manufatti antichi ci avevano gettato nella disperazione più cupa. Ma poi è emerso che alcuni tra i reperti distrutti erano copie costruite di recente», ci dice Franco D’Agostino, docente alla Sapienza di Roma.
Le rovine della banca
I soldati iracheni hanno anche preso posizione tra le rovine del palazzo della Banca Centrale. Un luogo che solleva tristi memorie. Nel giugno 2014, quando le colonne vincenti dei jihadisti dalla Siria avevano fatto irruzione in questa che è la seconda città dell’Iraq e la più importante del Nord ricco di petrolio, proprio nei caveau della banca i terroristi si erano impossessati di una cifra pari a circa mezzo miliardo di euro in contanti, oltre a un forte quantitativo d’oro. Dalla loro capitale siriana di Raqqa a Mosul avevano così posto le basi della dimensione territoriale del Califfato. Per quasi un paio d’anni erano apparsi invincibili, terribili nelle loro minacce di di morte.
Ma adesso proprio a Mosul si sta consumando la loro sconfitta. Dal 17 ottobre ai primi di gennaio la coalizione di forze guidate da Bagdad e aiutata dai Peshmerga curdi nel Nord ha combattuto per liberare i quartieri di Mosul a Est del Tigri. È stata una battaglia dura, più difficile del previsto.
Il premier iracheno Haider Al Abadi prometteva che l’intera città sarebbe stata liberata «entro il 31 dicembre». Ma soltanto il 19 febbraio è ripresa l’offensiva per raggiungere il cuore di Mosul Ovest nella cittadella medievale: un dedalo di viuzze, cortiletti, moschee, chiese e palazzi storici dove non possono entrare mezzi cingolati e dove le bombe trappola poste da Isis, assieme ai tunnel scavati tra le case e ai nidi di cecchini, hanno effetti devastanti anche per le truppe scelte irachene addestrate di fresco dagli americani con le tecniche più avanzate. «Il peggio deve ancora venire», ammettono gli stessi soldati iracheni ai media locali.
Eppure, l’avanzata procede rapida. I comandi Usa, dopo aver rilevato le migliaia di morti nel fronte regolare iracheno (forse 4 mila, ma non ci sono bilanci ufficiali), un mese fa ipotizzavano che Mosul non potesse venire liberata prima di fine giugno.
Moschea simbolo
Invece è stata colpita dai proiettili persino la celebre moschea Al Nuri, dove il 29 giugno 2014 Abu Bakr Al Baghdadi si auto-proclamò «lo sceicco, il combattente, lo studioso che pratica ciò che predica, il discendente della famiglia del Profeta». «C’è confusione e panico tra i ranghi di Isis. Gli stranieri ancora combattono perché non sanno dove andare. Gli altri cercano di fuggire», dichiarano gli iracheni. A farne le spese sono più che mai i civili. Si calcola siano ancora 750 mila residenti a Mosul Ovest. Circa 210 mila sono fuggiti dai primi di ottobre, soprattutto dai quartieri orientali. Ma negli ultimi giorni il numero degli sfollati è in crescita: 42 mila dal 27 febbraio al 5 marzo secondo le agenzie Onu. Dei quali quasi 14 mila soltanto il 3 marzo.