«Renderò l’Ilva leader in Europa»
L’indiano in gara per l’impianto: rifornirà non solo il mercato italiano ma anche quello Ue
L’indiano Lakshmi Mittal, il magnate mondiale dell’acciaio e ceo di Arcelor, è in gara per acquistare l’Ilva di Taranto: «Rifornirà il mercato italiano e quello Ue. E diventerà la prima in Europa».
LONDRA È arrivato a Londra dall’India ed è diventato più ricco della Regina. Lakshmi Mittal, il magnate mondiale dell’acciaio, è stato per anni al vertice della rich list del Regno Unito del Sunday Times. Ma quando glielo si ricorda sembra quasi non gradire: «È davvero così importante?», chiosa. Eppure il personaggio non è estraneo alle stravaganze. Per il matrimonio di sua figlia Vanisha nel 2004 affittò l’intera reggia di Versailles. E la sua residenza a Kensington è decorata con gli stessi marmi del Taj Mahal.
Alla testa della sua ArcelorMittal si è ora lanciato nell’ultima impresa: l’acquisizione dell’Ilva di Taranto, attraverso un consorzio che lo vede associato al gruppo Marcegaglia e coadiuvato da Intesa Sanpaolo. A contendergli la preda un’altra cordata «indiana», guidata dal gruppo Jindal assieme alla finanziaria di Leonardo Del Vecchio, al gruppo Arvedi e alla Cassa Depositi e Prestiti.
Incontriamo Mittal nei suoi uffici di Berkley Square, nel cuore di Londra. Si scusa per il lieve ritardo e sfodera il tratto informale del self made man.
Signor Mittal, ci dia tre buone ragioni per cui vorrebbe prendersi l’Ilva.
«Tre? Eccole: l’Italia è il secondo maggior consumatore di acciaio in Europa, l’Ilva è il più grande impianto di produzione di acciaio, l’Italia importa acciaio».
E perché dovrebbe andare proprio a voi e non ai rivali?
«Perché a noi? Perché non abbiamo produzione primaria in Italia, ed essendo la più grande compagnia in Europa vogliamo partecipare all’industria italiana dell’acciaio. Siamo il partner più giusto per l’Ilva, abbiamo quattro pilastri strategici: il primo sono le persone, il secondo è il piano industriale, il terzo è il piano ambientale, il quarto il piano commerciale».
Proprio sulla tutela dell’ambiente ci sono molte preoccupazioni, considerata la storia disgraziata dell’Ilva.
«Comprendo i problemi avvertiti dalla gente di Taranto, ci adegueremo pienamente a quanto previsto dall’Aia, l’Autorizzazione integrata ambientale, e che è stato approvato dal governo. Allo stesso tempo abbiamo un programma di investimenti di 1,2 miliardi dedicati al miglioramento ambientale».
E cosa ci dice dei livelli occupazionali?
«Noi vogliamo far operare tutti gli assets a piena capacità. Allo stesso tempo vogliamo assicurare che l’Ilva sia competitiva e abbia un modello di business sostenibile. Comprendiamo l’importanza dei livelli di occupazione, lavoreremo con i sindacati per offrire soluzioni. Arcelor assume duemila persone all’anno, ci sarà la possibilità per le persone interessate di partecipare a quelle assunzioni».
E quali sono invece gli obiettivi industriali e commerciali?
«Acquisiamo l’Ilva per aiutarla a diventare la migliore azienda in Europa e per partecipare al secondo maggior mercato europeo. Rendendo l’Ilva più competitiva la metteremo in condizione di rifornire non solo il mercato italiano ma quello europeo».
Eppure i vostri concorrenti sono molto agguerriti.
«Noi abbiamo il miglior consorzio industriale. Inoltre ho incontrato Carlo Messina (consigliere delegato di Banca Intesa), abbiamo discusso il nostro piano e gli è piaciuto: salutiamo il loro sostegno in questo processo. E il nostro partner Marcegaglia è ugualmente un alleato prezioso».
Ma conquistare l’Ilva è come mettere le mani su un pezzo di storia del nostro Paese, non è solo una questione industriale o finanziaria.
«Posso raccontare una lunga storia sul mio rapporto con l’Italia. Ho costruito la mia prima piccola acciaieria in Indonesia nel 1976 e il mio primo set di impianti è venuto dall’Italia, fornito dalla Danieli. Conoscevo bene Cecilia Danieli. Ho visitato l’Italia per quarant’anni. Amo passare le vacanze in Italia, vado in Sardegna, a Olbia. L’Italia è un posto per il quale il mio amore è cominciato nel ‘76. La mia relazione sta solo diventando più forte».
Cosa direbbe alla gente di Taranto che assiste al suo arrivo?
«Arcelor è un’azienda davvero globale, quarantacinque nazionalità lavorano con noi, più di duecentomila impiegati, abbiamo costruito quest’azienda con la gente, il nostro management locale ha potere di gestione ed è questo che vogliamo vedere all’Ilva. Vogliamo lavorare con la comunità locale: sono rattristato da quello che è accaduto a Taranto, non è quello che vogliamo vedere. Vogliamo vedere la gente felice. Taranto non deve aver paura che Arcelor vinca la gara: con noi potranno vedere più chiaramente qual è il futuro, dove questa azienda sta andando».
Il mio primo set di impianti è arrivato dall’Italia, fornito dalla Danieli Ho visitato l’Italia per quarant’anni: amo passare le vacanze in Sardegna, a Olbia Comprendiamo l’importanza dei livelli occupazionali, lavoreremo con i sindacati per offrire soluzioni: noi assumiamo 2 mila persone all’anno Ho incontrato il ceo di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina e il nostro piano gli è piaciuto. Salutiamo il loro sostegno in questo processo