GRILLO MIRA A ESASPERARE LE TENSIONI ANNIDATE NEL PD
Il rischio di un voto parlamentare che porti alle dimissioni del ministro dello Sport, Luca Lotti, è piuttosto basso. Il Pd lo appoggia compattamente, e gli scissionisti del Mdp non possono permettersi di inseguire il M5S: chiedono un «passo di lato» sapendo che FI voterà comunque col governo. Il nervosismo della maggioranza, tuttavia, resta profondo; perfino esagerato. E questo conferma che al di là della discussione del 15 marzo in Senato, il caso Consip segna pesantemente l’agenda del Pd.
Mostra un partito diviso sulla leadership di Matteo Renzi, pur dato vincente al congresso. E promette di regalare un’altra occasione alla propaganda del Movimento 5 Stelle. Pochi si illudono che dalla riunione di fine settimana a Torino, al Lingotto, riemerga una forza compatta. Il Pd è in disaccordo sul ruolo del segretario-premier, perché i concorrenti Andrea Orlando e Michele Emiliano sono per lo sdoppiamento delle cariche. Non c’è unità di vedute sulla riforma del sistema elettorale. E le irregolarità nel tesseramento e l’accelerazione sulle primarie lascia una scia di risentimenti e diffidenze. L’inchiesta giudiziaria su Consip, l’organo che gestisce gli appalti della PA, si inserisce in questo sfondo e lo inquina ulteriormente.
Le indagini che toccano Tiziano Renzi, padre dell’ex premier, e Lotti, sono vissute con imbarazzo evidente. Da una parte c’è la posizione ufficiale che schiera il Pd con la magistratura. Sottovoce, però, si accredita un attacco con risvolti politici. La mozione del M5S tende a esasperare la contraddizione; e non solo accentuando i distinguo tra Pd e Mdp, tentato di smarcarsi con un documento e uscire dall’aula. L’obiettivo di Grillo è di fare esplodere le tensioni nello stesso partito di Renzi.
Il sottosegretario a Palazzo Chigi, Maria Elena Boschi, che chiede di «stare con la magistratura come nel caso di Banca Etruria», manda un segnale a doppio taglio. È come se ricordasse al proprio partito la linea tenuta durante l’inchiesta su suo padre, vicepresidente dell’istituto: un atteggiamento che ha ridimensionato il ruolo della Boschi, prima ancora del disastro del referendum istituzionale. Ebbene, ora che il padre è «fuori da ogni inchiesta di carattere penale», ricorda, vuole che anche nelle indagini su Lotti e su Renzi padre prevalga l’appoggio ai giudici.
Il messaggio è chiaro; e sembra risentire di mesi di silenzio forzato e di amarezza. Analizzandolo, è abrasivo anche verso gli scissionisti critici con Lotti, ai quali si rammenta il sostegno al «loro» Vasco Errani, «perfino quando venne condannato». Ma pesa il ricordo di alcuni casi nei quali la cerchia renziana è accusata di essersi mostrata meno garantista verso avversari interni e alleati. Per questo, il timore che il 15 marzo la mozione del M5S possa risvegliare i fuochi annidati nelle viscere della sinistra, è inevitabile.