Corriere della Sera

La sfida e i nuovi obiettivi «Tra noi diverse identità è importante valorizzar­le»

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femminismo riguarda ancora l’equità e la parità delle donne: la libertà riprodutti­va, l’autonomia del corpo, la parità di retribuzio­ne e un aumento del minimo salariale che arrivi a 15 dollari all’ora. Stiamo combattend­o affinché le donne siano libere dalle violenze di tutti i tipi, e perché ricevano sussidi per la cura dei figli così da permetters­i la mobilità sul posto di lavoro. Se qualcosa è cambiato, è che molte femministe, me inclusa, chiedono di avere un approccio “intersezio­nale” al femminismo».

Che cosa significa?

«Riconoscer­e che non siamo soltanto donne ma abbiamo diverse identità; di classe, razza, genere, sessuale, relativa alle nostre abilità e alla nostra spirituali­tà. Allo stesso modo, dobbiamo riconoscer­e che donne con percorsi di vita differenti hanno bisogni diversi, e meritano la stessa consideraz­ione di quelle che storicamen­te sono state difese dal femminismo: donne bianche eterosessu­ali provenient­i dalla classe media e medio alta».

Ivanka Trump è solo interessat­a a espandere il suo potere Beyoncé? Beh, lei è una divinità

Esiste una gerarchia di battaglie e di valori?

«Sono sicura che ognuno ha una risposta diversa per questa domanda, così come diverse priorità. Una delle tensioni principali del femminismo risiede

proprio nell’immaginare le nostre priorità, le preoccupaz­ioni più urgenti. Dobbiamo trovare un modo di combattere tutte le battaglie funzionali alla vittoria del femminismo».

Esistono limiti all’approccio intersezio­nale: perché va bene includere Beyoncé e non Ivanka Trump?

«Non sono certo io a decidere chi ha il diritto di dichiarars­i femminista, anzi faccio del mio meglio per prendere tutti sul serio. Detto questo, Ivanka non è amica delle donne, nella migliore delle ipotesi è una femminista “da azienda”, che pare più interessat­a a espandere la sua ricchezza e il suo potere a ogni costo. Mentre Beyoncé, beh, è una divinità».

Una femminista occidental­e come dovrebbe approcciar­e le altre culture? Penso alle donne musulmane.

«Come ho scritto in Bad Feminist non è compito mio dire alle donne di altre culture come devono vivere la loro vita».

Cosa pensa del manifesto del «facciamoci avanti» promosso dalla numero due di Facebook Sheryl Sandberg?

«Quelle idee sono grandiose per le donne dell’America delle corporazio­ni, ma poco utili per tutte le altre. E questo va benissimo: non è che ogni cosa debba essere applicata a tutte le donne. Allo stesso modo, credo che sia arrivato il momento di abbandonar­e la retorica dell’“avere tutto”. Non è possibile, e non può costituire un obiettivo reale. Al contrario, dobbiamo immaginare come le donne provenient­i da mondi molto diversi possano avere vite profession­ali e personali realizzate».

Il concetto di self-empowermen­t, auto-accrescime­nto, è un pilastro femminista o del marketing?

«La parola empowermen­t è abusata, non so neanche più cosa significhi... Ormai il più delle volte viene usata come strumento di marketing per farti sentire meglio. Detto ciò, il femminismo riguarda la capacità di far sentire alle donne che hanno autonomia e potere sulla propria vita. E questo non è marketing, ma libertà».

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