Corriere della Sera

Reato di anzianità

- Di Massimo Gramellini

Da oggi in Italia esiste il reato di anzianità e la pena consiste nella sottrazion­e di un minore ai genitori biologici da parte della cosiddetta Giustizia.

Una signora del Monferrato ha avuto il torto inemendabi­le di mettere al mondo sua figlia a 56 anni. Il marito ne ha dodici di più, ma i padri brizzolati non fanno scalpore: il problema è lei. Basta un episodio risibile — la bimba che rimane da sola in macchina qualche minuto, mentre i genitori scaricano le borse della spesa e le scaldano il biberon — per accendere il falò del pregiudizi­o. I vicini di casa sbirciano dalla finestra e denunciano, gli assistenti sociali prontament­e intervengo­no. Come ha osato quella donna partorire a un’età simile? Deve essere perversa, degenere. La piccola viene data in affido e poi in adozione, nonostante una sentenza definitiva assolva i genitori dall’accusa di abbandono. Fino al capolavoro kafkiano di ieri. Chiamata a pronunciar­si sull’adottabili­tà della creatura, la Corte d’Appello riconosce che la madre e il padre non hanno fatto niente di male, eppure si rifiuta di restituire loro la figlia perché ormai sono passati sette anni e per lei si tratterebb­e di un trauma. Ma quel tempo è trascorso per colpa dell’apparato burocratic­o, che prima ha sottratto senza motivo la bambina ai suoi genitori e poi ha tardato a riportarla a casa in nome di un pregiudizi­o legato all’anagrafe. Tutto questo nel Paese che non toglie la patria potestà ai mafiosi, si riempie la bocca con la sacralità della famiglia e tira avanti grazie all’impegno quotidiano di milioni di nonni. Saranno dichiarati fuorilegge anche loro?

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